Sabato 06 Settembre 2025 | 14:34

Una storia raccontata tra medioevo laico e medioevo immaginario

 
Giacomo Annibaldis

Reporter:

Giacomo Annibaldis

Una storia raccontata tra medioevo laico e medioevo immaginario

Bari, le torri e il suo castello, più volte distrutto e ricostruito. Una città ribelle e «rinata» dopo essere stata rasa al suolo

Mercoledì 01 Aprile 2020, 11:19

Cattedrali e castelli: sono da sempre gli elementi di maggiore attrattiva per «visualizzare» la Puglia (almeno negli spot turistici). Cattedrali romaniche e castelli federiciani: il sacro e il profano del nostro Medioevo. Ma il flâneur che nei tempi di coronavirus intenda aggirarsi per Bari – virtualmente, s’intende – in cerca di ciò che resta del suo Medioevo, dovrà tenere presente un dato storico. Anzi, una data: 1156. Fu questo l’anno in cui il sovrano normanno Guglielmo I, detto il Malo, fece radere al suolo ciò che c’era di laico nella città di Bari, disperdendo i suoi abitanti; salvaguardò, invece, alcuni luoghi di culto e dei monasteri. Delle abitazioni civili, degli emporii, delle strade, non rimase che pietra su pietra. E, si dice, una distesa di sale. Era la punizione per le continue rivolte dei baresi, che avevano osato distruggere il castello normanno costruito da suo padre Ruggero. Solo una decina di anni dopo, suo figlio, Guglielmo II, concesse ai baresi di ritornare nella città desolata e di ricostruire le loro case. A patto, però, che riedificassero anche il castello, che era per principio la «dimora del re». Per questo fu chiamato dal popolo: Guglielmo il Buono. Allora, non resta che desumere un fatto: ciò che si può trovare di strutture e reperti laici del Medioevo a Bari, va riportato al dopo di siffatta ricostruzione. Eppure c’è un elemento che si salvò, sembra, dal disastro: il leone che fa bella mostra di sé in piazza Mercantile, quello della «colonna infame». Secondo lo storico Beatillo, quella scultura fu dedicata dai baresi ai veneziani, che con il doge Pietro II Orseolo avevano liberato Bari dall’assedio dei saraceni. Era il 1002: un leone di San Marco, dunque. Ma con il tempo, divenuto «custos iusticiae» (come dice il suo collare inciso), il leone e la retrostante colonna, situati su un piedistallo di alcuni gradini, divennero la gogna cittadina.
Dunque, se il flâneur si imbatterà in case medievali con balcone (a gaiphos, un esempio è in strada San Marco), ovvero ammirerà il tipico complesso urbano denominato «isolato 49» (in cui hanno sede il Museo civico e la direzione generale della Sovrintendenza), bisogna che sempre li dati dopo il 1166. Nell’«isolato 49», esemplare è la torre che si staglia a difesa degli edifici, baluardo della famiglia e della fazione nelle risse e nelle rivolte cittadine. Un’altra torre (ora del tutto disabitata, ma non dai piccioni) è presso la chiesa di Santa Teresa dei Maschi. Tutte le precedenti torri nobiliari di Bari furono fatte abbattere da Ruggero II, sempre dopo una ribellione dei baresi contro i saraceni inviati dal re normanno a edificare il castello.
Ed è appunto il castello l’elemento più rappresentativo del nostro Medioevo laico. Un edificio che – come abbiamo già accennato – conobbe una serie di vicissitudini, un oscillare di costruzioni e distruzioni. Fu voluto soprattutto da Ruggero II, che inviò i suoi saraceni a costruirlo sul mare, dopo che fu vinto e imprigionato il «principe di Bari» Grimolado Alferanite nel 1130; e fu più volte raso al suolo (da Lotario II nel 1137 e dai baresi nella ribellione contro Ruggero e poi contro il figlio Guglielmo il Malo). Nella prima metà del ‘200, il castello normanno non doveva essere in buona salute: ne è prova che nel 1240 Federico II di Svevia ordinò a Guidone di Vasto di provvedere a ristrutturare le coperture degli ambienti. Mentre toccò a Carlo d’Angiò far riparare l’ala sul mare che appariva pericolante, nle 1276. Ora il castello normanno-svevo si staglia, con le sue torri interne, attorniato da una cinta muraria nei lati di terra, che dovette sostituire una precedente per volere dell’aragonese Isabella, la duchessa insediatasi a Bari nel 1501. Ma si sa, la Bari medievale come la vediamo non è tutta originale. Lo si vede soprattutto nelle chiese cosiddette «romaniche», riportate – da una discussa idea di ritorno all’origine – a una «facies» medievale (come la si considerava nell’800 e ‘900). Anche gli insediamenti civili furono interessati da tale «ri-medievalizzazione»: basta percorrere via del Carmine, che congiunge la cattedrale a San Nicola, per notare lungo i muri alcune abitazioni (per quanto sigillate) riportate a una struttura «angioina», che prevedeva porta d’ingresso e finestra adiacenti, per il ruolo artigianale di casa e bottega!

9. Le precedenti puntate sono apparse il 12, 14, 17, 19, 22, 24, 26 e 29 marzo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)