L’editoria produce troppo: vero. In questo “troppo” ci sono anche molti libri inutili: vero. Ma attenzione l’inutilità non deriva sempre e solo dal nome stampato in copertina, che non ha l’autorità di scrittore, o dal tempo in cui quel libro rimane sugli scaffali delle librerie. È vero anche, infatti, che il ricambio è rapido ma ciò non basta a rendere i volumi ‘usa e getta’. Perché la loro vita prosegue nelle biblioteche casalinghe di chi li ha acquistati, sui comodini accanto al letto, nelle valigie dei pendolari. Che si tratti di un long-seller o di un instant-book, se ha conquistato il cuore del lettore non verrà buttato via e la solida, vecchia carta stampata potrà consegnarlo all’eternità, pur in una società ‘liquida’ come la nostra.
Si dovrebbe pubblicare meno e selezionare di più? Certo. Gli editori rispondono a logiche di mercato e, quindi, di guadagno? Ovviamente - non dimentichiamoci che parliamo di un settore che lotta ogni giorno per restare in piedi nell’era di Amazon, Netflix e innumerevoli altre forme di intrattenimento -. Ma sono logiche che esulano da noi e allora la domanda che dovremmo porci è cosa noi possiamo fare per non lasciarci sopraffare da una visione pessimistica e rassegnata?
Proverò a rispondere. Innanzitutto, dovremmo affinare la nostra capacità di scegliere e ridurre la tendenza a pre-giudicare. È sempre valido il detto “non si giudica un libro dalla copertina”. Sì, “oggi scrivono tutti”: non solo professionisti del settore e intellettuali ma anche attori, cantanti, sportivi e i più criticati ‘influencer’. Ma non fermiamoci alla firma in copertina appunto, proviamo ad andare oltre.
Vediamo se quel nome estraneo ai letterati ha qualcosa da dire: magari racconta un’esperienza personale che può essere fonte di incoraggiamento, di conforto o di monito; o semplicemente sa regalare un sorriso a chi ne ha bisogno. Penso all’esempio di Elena Santarelli e al suo racconto accorato di come abbia affrontato la malattia del figlio; penso al libro di Bebe Vio o alle pagine divertenti dell’ultimo libro di Luis Sal che raccoglie in pillole una sua personale, scanzonata ma profonda filosofia di vita.
Certo, non parliamo di testi che hanno richiesto anni e anni di lavoro; non sono sicuramente esempi di raffinato stile narrativo né sono destinati a fare la storia. Però hanno una funzione di non trascurabile importanza: avvicinare alla lettura un pubblico diverso e più ampio rispetto a quello dei tradizionali ‘lettori forti’, tra cui i giovani. Questo, d’altronde, è uno dei principali obiettivi che perseguo da tanti anni con il Libro Possibile e con l’insegnamento al liceo e credo sia la vera sfida di oggi, per provare a combattere l’agognato “declino culturale”.
Soprattutto in un momento storico di difficoltà e smarrimento, come il nostro, la gente ha bisogno di storie in cui riconoscersi, da cui ricavare stimoli e rassicurazioni e se trova tutto ciò nello scritto da un personaggio dello spettacolo che ben venga. Se i ragazzi hanno bisogno di vedere la firma del loro idolo per avvicinarsi a un libro, che ben venga. Questo potrebbe essere il gancio giusto per instaurare un rapporto con la lettura destinato a svilupparsi ed evolversi fino ad arrivare alla letteratura più alta; come si suol dire una cosa tira l’altra, un libro tira l’altro.
Ho sempre ritenuto sterile relegare la cultura in una torre d’avorio con accesso riservato a un’elite di intellettuali. Credo possa essere utile, invece, portarla in strada, nelle piazze, trovare il modo di raggiungere più gente possibile e attivare così un processo virtuoso e democratico di dialogo, dibattito e formazione.
Aggiungo, poi, che in questo mare magnum di produzione editoriale non mancano certo esempi di egregia qualità. Il fatto che i grandi nomi vengano affiancati sugli scaffali delle librerie da ‘non-scrittori’ non toglie loro valore: i diamanti non smettono di brillare per il sol fatto di essere circondati da bigiotteria.
Tra gli italiani penso a Erri De Luca, meticoloso artigiano della parola, a Luciano Canfora, autore di pagine ricche di sapere, a Dacia Maraini, con la sua penna sensibile e affilata da instancabile impegno civile. Ma potrei citarne tantissimi altri. Tra gli stranieri, desidero menzionare il Nobel Wole Soyinka, tra gli attesissimi ospiti del Festival 2021, che ha fatto della parola scritta audace strumento di lotta per i diritti umani. O, ancora, sempre tra gli ospiti del Festival, Patrick McGrath e i suoi romanzi dalle trame avvincenti e dalla minuziosa analisi introspettiva. Insomma il pop, il mainstream non hanno scalzato le firme più illustri.
Ce n’è per tutti e, come dicevo all’inizio, basta saper cercare, scegliere. L’importante, però, è non trincerarsi dietro pregiudizi e dietro una visione nichilista e nostalgica dell’editoria come del mondo in generale.
Direttrice artistica Festival Libro Possibile