Dopo tante paure e polemiche il giorno del voto è arrivato. Domani e lunedì gli italiani si esprimeranno sul taglio di 345 parlamentari e sceglieranno i presidenti di 7 Regioni, fra cui la Puglia. Le previsioni parlano di una vittoria dei Sì al referendum sulla legge che ridisegna Camera e Senato e di una conferma del trend di crescita del centrodestra alle Regionali. Ma si sa, l’urna spesso capovolge previsioni e strategie politiche, soprattutto in una fase come questa, anomala sotto molti punti di vista, a cominciare dalla campagna elettorale.
Il Covid ha silenziato soprattutto gli aspiranti governatori e consiglieri regionali impedendo confronti pubblici, dibattiti e folle oceaniche ai comizi. Un vulnus alla partecipazione democratica? Può darsi, di certo un assist ai candidati a non scapicollarsi più di tanto fra un comizio e un talk show, ma soprattutto a non fare sforzi eccessivi nella stesura di presunti «programmi».
Ad accendere l’ultima settimana di «campagna elettorale» è stata una questione tecnicamente estranea alle votazioni di domani e lunedì e cioè la tenuta della maggioranza.
Premesso che fino a oggi l’accordo Pd-5Stelle-Leu-Iv ha tratto stabilità dall’emergenza Covid, nessuno si è preoccupato degli effetti del voto sull’opposizione. Eppure è una compagine che scalpita, che non vede l’ora di tornare alle urne per legittimare una presunta supremazia nel Paese, che sente di avere il consenso di un gran numero di italiani quando parla di migranti, di Europa affamatrice, di lavoro che non c’è. Ma perché vi siano elezioni politiche è necessario che l’attuale maggioranza imploda.
E qui si innesca un paradosso, frutto forse di strategie un po’ miopi. Una conferma da parte degli italiani della legge costituzionale approvata da due diverse maggioranze (giallo-verde prima e giallo-rossa poi) sarebbe un ricostituente per il governo. Il premier Conte potrebbe così pensare anche a qualche rimpasto per allungare la propria esistenza fino all’inizio del semestre bianco (3 agosto 2021) e gestire in tranquillità l’elezione del successore di Mattarella. Proprio per questa ragione non è immaginabile che all’indomani dell’eventuale vittoria del Sì venga aperta una crisi per arrivare a sciogliere le camere ed eleggere il nuovo Parlamento light: sarebbe una prova di tafazzismo fuori da ogni logica e, soprattutto, da ogni attuale costume politico.
La vittoria del No, invece, non avrebbe conseguenze sui desideri di riconferma dei parlamentari in carica, sarebbe però una sconfitta tanto della linea del governo quanto dell’opposizione che non potrebbe insistere più di tanto con la richiesta di dimissioni. Il vero tallone d’Achille per Conte e soci è rappresentato dalle Regionali. Una vittoria del centrodestra in Puglia e Toscana darebbe nuovo vigore all’opposizione a trazione leghista, metterebbe in discussione la già fragile leadership di Zingaretti nel Pd e potrebbe portare davvero alla caduta del governo, soprattutto se sarà confermato anche il trend negativo dei 5Stelle.
Tutto questo sulla carta, naturalmente, perché la politica resta pur sempre l’arte del possibile maritata all’incognita dell’impossibile. Perché quando si parla di centrodestra si parla in realtà di Forza Italia, partito ormai minoritario legato indissolubilmente alla figura di Berlusconi, di Fratelli d’Italia e della Lega. Ora la rivalità fra i due leader di maggior peso, Meloni e Salvini, non è un segreto. Prima del «lasciapassare» alla candidatura di Fitto in Puglia, giusto per fare un esempio, Salvini ha tentennato a lungo, ben sapendo che una vittoria dell’europarlamentare avrebbe fatto alzare ancor più le quotazioni della Meloni. Di qui anche la scelta del leader leghista di avere una presenza costante in Puglia durante la campagna elettorale. Un modo come un altro per poter rivendicare che l’eventuale successo di Fitto è anche merito della Lega. Al contrario, se sarà riconfermato Emiliano, Salvini avrà tutte le ragioni per contestare alla sua alleata-rivale una scelta rivelatasi perdente.
Insomma la politica italiana e questa tornata elettorale in particolare assomigliano a uno di quei racconti di Camilleri in cui si è davanti a un gioco di specchi, dove ciò che appare è diverso da ciò che è. Solo che nella letteratura e nella fiction tv alla fine arriva sempre il commissario Montalbano a ristabilire il giusto confine tra realtà e apparenza. Nel Paese vero non è dato sapere se vi sia ancora qualcuno in grado di farlo e così domani e lunedì gli italiani andranno alle urne credendo di votare per referendum e regionali ma in realtà stanno decidendo le sorti del governo.
Michele Partipilo