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Davvero più permissive le scuole del Meridione?

 
Alfredo Sollazzo

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Alfredo Sollazzo

Si tende ad accreditare l’idea, falsa ma purtroppo diffusa, che le lauree conseguite da noi valgano meno, sul piano della preparazione, di quelle ottenute al Nord

Giovedì 01 Agosto 2019, 15:53

È frequente, da un po’ di tempo a questa parte, che la stampa nazionale commenti la minore preparazione che gli studenti meridionali avrebbero nei confronti di quelli del resto d’Italia; e il discorso, anche se si riferisce agli allievi delle Scuole secondarie, si estende spesso, più o meno giustificatamente, agli universitari, tendendo ad accreditare l’idea, falsa ma purtroppo diffusa tra gli stessi meridionali, che le lauree conseguite da noi valgano meno, sul piano della preparazione, di quelle ottenute al Nord.

A questa scottante tematica, forte dell’esperienza che mi deriva dall’aver insegnato nelle Università per più di cinquant’anni, prevalentemente in quelle baresi, ma anche, per un periodo significativo, in un Ateneo del Nord, dedico alcune considerazioni che non tendono a negare circostanze incontrovertibili, ma a fornire una spiegazione plausibile di fatti apparentemente contraddittori.

Le valutazioni INVALSI, che ritengo comunque molto utili, mostrano una minore preparazione dei nostri studenti, non evidente nelle Elementari, ma chiara a livello delle Medie e delle Superiori. Questo fatto si spiega certamente con le condizioni sociali ed economiche nettamente peggiori in cui si trovano le popolazioni meridionali e quindi con le situazioni di svantaggio, anche culturale, da cui partono gli allievi. Rifiuto di ritenere che il fenomeno sia da addebitare a minore capacità o impegno dei nostri insegnanti, che, oltre tutto, quando si spostano altrove, e sono tanti quelli costretti a farlo, forniscono un contributo all’insegnamento che non mi risulta sia oggetto di particolari critiche.

Ma sorge a questo punto una circostanza in contraddizione con i risultati INVALSI che fa gridare allo scandalo la stampa del Nord: i voti agli esami di maturità in Italia meridionale e in particolare in Puglia, sono più elevati che altrove, alimentando l’idea che le commissioni insediate nel Sud Italia siano più generose. Se ne deduce la radicata convinzione che un cento conseguito da noi valga meno di un voto inferiore ottenuto nelle regioni più virtuose; e questo discorso si estende ovviamente anche a quelli tra i nostri studenti, che il cento e l’eventuale lode lo hanno meritato davvero.

Sono stato sempre contrario alla pratica, diffusa anche nelle Università e non solo meridionali, di incrementare il voto finale, spesso in misura abnorme, rispetto a quello medio riportato negli esami di profitto. Mi sono sempre battuto, senza ottenere peraltro risultati apprezzabili, contro questa tendenza che va assolutamente corretta in quanto danneggia l’immagine delle Istituzioni, Scuole secondarie o Università che siano, e colpisce ingiustamente i più meritevoli tra i giovani.

Ma, tutto ciò premesso, mi permetto, sulla base della mia esperienza, di ipotizzare una possibile giustificazione meno negativa delle discordanze che ho cercato di evidenziare. Son stato sempre convinto che da noi, e in particolare a Bari, che è la città in cui risiedo e in cui ho prevalentemente operato, gli studenti di elevate capacità, le punte, per così dire, siano più numerosi che altrove. A fronte cioè di una massa di allievi mediamente meno preparata e meno qualificata , vi sono da noi più elementi di spicco. Non è detto evidentemente che questo sia un bene perché è la parte più consistente della popolazione studentesca quella che qualifica il livello di istruzione della società e ne favorisce il progresso. Potrebbe essere tuttavia uno dei motivi per cui ci sono da noi più giovani di eccellente preparazione, meritevoli di un votazione elevata.

Presso il Liceo classico Orazio Flacco di Bari, preso a puro titolo di esempio, il numero dei diplomati con il massimo dei voti è stato quest’anno altissimo. Può davvero ritenersi che una scuola seria e famosa da sempre come quella appena ricordata, sia divenuta permissiva e di manica larga? Sono sicuro di no. E lo stesso discorso può valere per altri Istituti della nostra Città, sulle cui tradizioni non è lecito esprimere dubbi. Non mi sembra quindi del tutto errata l’idea che ho esposto per spiegare, anche se parzialmente, un fenomeno certamente non favorevole alla reputazione delle nostre Istituzioni didattiche.

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