Sabato 06 Settembre 2025 | 02:53

Clima e malattie la crisi silenziosa

 
Alessandro Miani

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Alessandro Miani

Caldo fino a 40 gradi, Puglia e Basilicata infuocate

Non è un’esagerazione dire che il cambiamento climatico rappresenta oggi la più grande minaccia alla salute globale

Venerdì 18 Luglio 2025, 11:25

Non è un’esagerazione dire che il cambiamento climatico rappresenta oggi la più grande minaccia alla salute globale. Un pericolo silenzioso, pervasivo, spesso invisibile, che agisce su più livelli e con effetti sempre più evidenti. Le temperature medie del pianeta sono già aumentate di circa 1,1 °C rispetto all’epoca preindustriale. E la traiettoria attuale lascia poco spazio all’ottimismo: se non verranno ridotte drasticamente le emissioni di gas serra, il riscaldamento globale supererà 1,5 °C entro il 2050. Le conseguenze sanitarie non sono un’ipotesi remota, ma una realtà già in atto. Secondo le stime dell’OMS, tra il 2030 e il 2050 potremmo assistere a 250.000 morti in più ogni anno per cause legate al clima, come malnutrizione, malaria, stress da calore. Ma gli scenari peggiori disegnano un futuro ancora più cupo: fino a 9 milioni di decessi l’anno entro la fine del secolo. Il World Economic Forum, in un’analisi pubblicata nel 2023, ha stimato che entro il 2050 il numero delle morti riconducibili alla crisi climatica potrebbe raggiungere quota 14,5 milioni l’anno. In Europa, gli effetti si fanno già sentire. L’estate del 2022 ha lasciato dietro di sé oltre 61mila vittime a causa delle ondate di calore. Quella del 2023 ne ha fatte registrare circa 47mila, la seconda cifra più alta dal 2015. In Italia, il caldo anomalo dell’estate 2022 ha provocato oltre 18mila morti in eccesso. E le proiezioni per il futuro sono inquietanti: entro il 2100, si stima che il caldo estremo potrebbe causare fino a 2,3 milioni di decessi l’anno in Europa. Le persone più colpite sono sempre le stesse: anziani, bambini, individui con malattie pregresse, lavoratori esposti, chi vive in condizioni di povertà.

Il cambiamento climatico non si limita a innalzare le temperature, ma altera gli ecosistemi, destabilizza le stagioni, modifica la distribuzione geografica di virus, batteri e insetti vettori. In questo nuovo scenario, patologie trasmesse da zanzare e zecche, come dengue, chikungunya, malaria, si stanno spostando verso regioni prima considerate sicure. Malattie legate all’acqua, come il colera, trovano terreno fertile nei nuovi regimi di piogge estreme e acque stagnanti. Le alterazioni ambientali stanno già provocando un aumento delle infezioni batteriche e virali, rendendo il nostro corpo più vulnerabile. A questo si aggiungono le conseguenze sulla sicurezza alimentare. L’instabilità climatica compromette i raccolti, altera la qualità nutrizionale dei cibi, favorisce la malnutrizione. Il cibo diventa meno accessibile, meno sano, meno stabile. Le fasce più fragili della popolazione, iniziano a pagarne il prezzo più alto. Lo stress idrico e la scarsità d’acqua contribuiscono a peggiorare la situazione, minando l’igiene, la prevenzione e la gestione delle malattie infettive. C’è poi un aspetto meno visibile, ma altrettanto drammatico: quello della salute mentale. Il cambiamento climatico è un moltiplicatore di traumi.

Aumenti di ansia, depressione, disturbi post-traumatici da stress sono sempre più diffusi tra le persone colpite da disastri naturali, migrazioni forzate, perdita della casa o del lavoro, senso di impotenza. L’eco-ansia, la paura del futuro climatico, sta diventando una condizione riconosciuta, soprattutto tra i più giovani. Anche la resistenza antimicrobica (AMR), sebbene meno immediatamente collegata al clima, ne risente in modo preoccupante. L’innalzamento delle temperature accelera il metabolismo dei batteri e la loro capacità di replicazione, aumentando la probabilità di mutazioni e resistenze. Per ogni grado in più, si registra un incremento fino al 4,2% delle infezioni resistenti per batteri come E. coli o Klebsiella pneumoniae. Il riscaldamento delle acque favorisce anche la crescita di ceppi pericolosi come il Vibrio cholerae, con un aumento del 30% del tasso di crescita per ogni grado di temperatura. È un esempio di come la crisi climatica interagisca con altri problemi globali, rendendoli più difficili da controllare. Ma le soluzioni esistono.

L’OMS e il percorso negoziale di COP29 indicano chiaramente le priorità: rafforzare i sistemi sanitari rendendoli resilienti e a basse emissioni, creare sistemi di allerta per il calore, proteggere le comunità vulnerabili, promuovere infrastrutture verdi, investire in agricoltura rigenerativa, migliorare l’accesso all’acqua pulita e all’aria respirabile. Serve anche una maggiore integrazione tra le politiche sanitarie, ambientali, sociali ed economiche. Non si può più agire a compartimenti stagni. Il rapporto OCSE–UNDP 2025 lo conferma: investire in un’azione climatica più ambiziosa non è solo eticamente doveroso, ma anche economicamente intelligente. Secondo le stime, una revisione coraggiosa dei Piani Nazionali per il Clima potrebbe portare a un aumento del PIL globale dello 0,2% entro il 2040, e addirittura a una crescita del 13% entro la fine del secolo. Un mondo più sano è anche un mondo più prospero. Si stima che 175 milioni di persone potrebbero uscire dalla povertà estrema se si agisse in modo rapido e coordinato. La posta in gioco è altissima. Il cambiamento climatico non è solo una questione di ghiacciai che si sciolgono o di animali in via d’estinzione. È una minaccia concreta, attuale, che sta minando la salute delle nostre comunità, delle nostre famiglie, dei nostri figli. Ignorarla significa accettare un futuro fatto di malattie evitabili, sofferenze crescenti e risorse sempre più scarse. Agire adesso, invece, significa proteggere la vita. Significa scegliere un futuro in cui il diritto alla salute non sia un privilegio per pochi, ma una garanzia per tutti. E questa è una scelta che non possiamo più rimandare.

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