Non ci sono cellulari o videogiochi che tengano. Se la domanda “Partita a carte?” viene posta, difficilmente chi è presente dirà di no. Anche a costo di impararsi ex-novo le regole del gioco. Del resto, in Italia sono davvero tantissime le varietà di giochi da poter fare o con i mazzi regionali da 40 o 52 carte, o con quello francese, magari doppio per alcune specialità nello specifico. In particolare nel Sud del Belpaese, laddove non è raro vedere persone, non sempre di una certa età, ai tavolini di un bar o di centri ricreativi impegnati in sfide a carte all’ultimo punto, con tanto di gesti, urla e qualche soddisfazione personale. Ma quali sono i più diffusi è presto detto, a partire da uno che fu importato dalla lontana America.
Il Poker, da quello all’italiana al Texas Hold’em
Non è italiano, ma esiste, tra le altre, anche una versione tutta tricolore piuttosto diffusa nel nostro Paese, specialmente nel Mezzogiorno. Parliamo del poker, in particolare nella sua varietà a 5 carte, per quanto si stia diffondendo anche il Texas Hold’em. In generale questo gioco di carte nel Meridione, così come nel resto d’Italia, è ormai popolare soprattutto sul web. Per saperne di più è possibile consultare la guida completa dei top siti poker disponibile su un sito di comparazione gaming come quello linkato poc’anzi.
La differenza principale tra le due varianti appena citate sta tutta nel numero di carte da usare al momento del gioco: nella prima si parla di 5 carte, di cui è possibile cambiarne un massimo di 4 per mano, nella speranza di realizzare una combinazione vincente. Nella seconda, invece, si avranno in mano solo 2 carte, mentre il mazziere ne metterà a terra 3 comuni, in tre momenti diversi della mano. L’obiettivo è quello di realizzare il punto più alto possibile usufruendo di queste carte condivise con gli altri giocatori. Della versione texana esistono diversi campioni provenienti proprio dal Mezzogiorno italiano, come nel caso del partenopeo Dario Sammartino, che ha recentemente portato a casa 15 milioni di euro in un torneo di Las Vegas. Altri campioni provenienti dal Sud dello Stivale sono il pugliese Giampietro Rizzo e il palermitano Fausto Tantillo.
La Scopa, un classico made in Sud
Altro gioco, stavolta da farsi con un mazzo di carte italiano, magari napoletano a 40 tessere, è la Scopa. Sulle origini si sa poco, per quanto qualcuno provi a dire che faccia parte dei giochi tipici del Rinascimento italiano. Esso sarebbe nato, infatti, tra il 15esimo e il 16esimo secolo, quando le carte erano già diffuse grazie alle popolazioni arabe, prima, e spagnole, poi, arrivate nel Mezzogiorno dal Mediterraneo. Ebbene, in quel periodo andava molto di moda un gioco chiamato “Primiera”, che non a caso è anche uno dei punti dell’odierna scopa.
Le regole di quel gioco erano simili a quello del Poker, ma qualche caratteristica della moderna Primiera erano già presenti, come la presenza dei “7”. Da lì, l’evoluzione che ha portato alla Scopa, con la differenza che le 4 carte uguali di valore ma di seme diverso, non dovevano più capitare per casualità, ma essere conquistate grazie alla pesca dalle tessere scoperte sul tavolo, che era possibile prendere grazie anche combinazioni matematiche. Quindi, si aggiunsero altre tipologie di punteggio, come il “Sette Bello” (chi possiede il 7 di danari), le carte (chi ha più carte alla fine del gioco), i denari (chi ha più carte di quel seme al termine della mano) e, appunto, la Scopa (ottenibile da chi riesce a togliere tutte le carte scoperte in quel momento sul tavolo con una singola presa). Di questo gioco, più che diffuso nel meridione, sono presenti anche varianti regionali, oltre che quella che vedremo poco più avanti: una è la Cirulla, da giocarsi con carte da Poker levando i jolly e le figure. Un’altra è la Scopa a 15, in cui vengono modificate le regole tradizionali con l’obiettivo di poter pescare dal tavolo solo se la somma delle carte scoperte è 15. Infine, menzioniamo l’Asso piglia tutto, laddove il possessore dell’asso prenderà tutte le carte presenti a terra in una sola volta e a prescindere dal loro valore.
Scopone, una Scopa da giocare in 4
Ma la variante per eccellenza della Scopa è lo Scopone Scientifico, che sarebbe nato poco dopo la Scopa a causa della voglia delle persone di organizzare partite non più 1 contro 1, ma coppia contro coppia. Ne esistono due varianti: il tradizionale e quello scientifico. Il primo prevede la distribuzione di 10 carte per ogni giocatore, senza tessere sul tavolo. Nel secondo, invece, le tessere per giocatore diventano 9, con 4 a terra per iniziare il gioco in maniera quasi tradizionale. Il resto rimane praticamente invariato, ma la cosa che conta è la complicità della coppia.
Tressette, gioco dal fascino senza tempo
Ma non si può non citare il Tressette, gioco che dà origine, specialmente in alcune regioni del Sud, come la Calabria, a veri e propri tornei amatoriali da “campioni” del settore. L’origine del nome sembra risalire alla combinazione di “Tre” e “Sette”, ossia le carte che, lasciando da parte quelle di valore 0, avrebbero il valore più alto e quello più basso. Anche qui parliamo di un gioco Secentesco, dato che una Prammatica emanata dal Viceré di Napoli negli Anni 30 del Seicento dà l’opportunità di giocare a “Tre sette con 11 carte, tre sette scoverto a quattro montoni”. Ma non finisce qui, perché a testimonianza che il gioco sia diffuso soprattutto in Calabria è un certo manoscritto di David Sidney Parlett, che in una guida ai giochi di carte del 1990 dice proprio che il gioco viene menzionato nel 1822 a Firenze con il nome di Calabresella, indicante proprio il Tressette. Infine, per rimanere ancora nella leggenda, qualcuno mise in giro la voce che il gioco venne inventato da 4 persone sorde o mute, che avrebbero iniziato a giocare a questo gioco con i tipici gesti ancora oggi in vigore per scambiarsi di nascosto informazioni durante la mano.
Briscola, un classico intramontabile
Infine, chiudiamo con un altro classico senza tempo, da giocarsi in 2 o in 4, a volte anche in 3. Il successo della Briscola è racchiuso nella dinamicità e nella semplicità delle sue regole, laddove il seme dominante viene deciso dalla carta messa a terra sotto il mazzo, solitamente la più ambita se si tratta di un asso, un tre o una figura. Un passatempo per molti, anche per i politici come Elly Schlein del PD. L’origine non è chiara, ma nel 1847 Gioacchino Belli, poeta romano, lo cita appositamente in un suo Poema, mentre sul finire dell’Ottocento iniziarono ad uscire le regole ufficiali. Probabilmente si tratta di un gioco proveniente dalla Francia e importato nel nostro Paese a partire dal Sud Italia, specialmente a Napoli. Ma essa ebbe un grande successo anche nei dintorni di Roma, in particolare a Velletri, dove vennero inventate delle varianti sul tema, note come la Briscola al buio, la sciabola e “Il tre se dice”. Altre varietà sono tipiche del Meridione, come la Cinquecento o la Briscola Scoperta, laddove tutte le carte, anche quelle del mazzo, sono scoperte e visibili da tutti i giocatori.