Venerdì 07 Novembre 2025 | 08:25

«Speed of Life», l'arte di Gabriella Martinelli celebra la lentezza come resistenza

«Speed of Life», l'arte di Gabriella Martinelli celebra la lentezza come resistenza

 
Bianca Chiriatti

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Bianca Chiriatti

«Speed of Life», l'arte di Gabriella Martinelli celebra la lentezza come resistenza

L'11 novembre inaugura la mostra dell'artista e musicista tarantina negli spazi dell'hotel Sheraton del Terminal 1 dell'aeroporto di Milano Malpensa: «La mia vita tra musica e pittura, le opere sono nate in un'officina meccanica a Montemesola»

Venerdì 07 Novembre 2025, 06:30

In un’epoca in cui tutto corre, il tempo, le persone, le immagini, Gabriella Martinelli sceglie di fermarsi, e invita tutti a fare lo stesso. La nuova mostra dell'artista e musicista tarantina, «Speed of Life – L’arte di rallentare», curata da Luciano Bolzoni in collaborazione con Eventi SEA Milano, inaugura martedì 11 novembre negli spazi dello Sheraton di Malpensa, all’interno del Terminal 1 dell’aeroporto. Dieci opere realizzate con tecnica mista su tele di cotone e lastre di legno, che combinano acrilico, gesso, vernice e resina biologica, e verranno esposte negli spazi comuni dell'hotel, luogo di passaggio per eccellenza. Un invito alla lentezza nel tempo dell'urgenza e dell'iperconnessione, che la celebrano non come ostacolo, ma come forma di resistenza alla frenesia quotidiana.

Gabriella, da sempre la sua vita viaggia su due binari, la musica, che l'ha portata perfino a Sanremo, e l'arte. Due linguaggi che si alimentano a vicenda?

«Sì, e ci sono periodi in cui me ne rendo conto ancora di più. Quando mi chiedono: “Ma tu cosa sceglieresti, se dovessi?” non so rispondere. Non si può scegliere, una alimenta l’altra».

Partiamo dal titolo della mostra, «Speed of Life»...

«L’idea è quella della lentezza come forma di resistenza. È quello che, secondo me, serve in questo periodo storico. Viviamo in una società che corre sempre più veloce. La contemplazione della vita quotidiana attraverso l’arte ci permette di fermarci un attimo di fronte al nostro io più profondo, analizzando la bellezza e perdendoci nelle sue tantissime possibilità. L’arte ha questo potere: la musica, la pittura, soprattutto quella astratta, che permette di fare viaggi infiniti. Questo concetto si collega all’hotel e all’aeroporto, luoghi simbolici di movimento».

Infatti, ci spiega la scelta di ambientare l’esposizione proprio in una lobby di un hotel all'interno di un terminal, luogo di passaggio per eccellenza?

«I visitatori, con la loro presenza, diventeranno parte integrante della composizione, proprio il loro passaggio completa l’opera. Mi capita spesso, anche quando scrivo canzoni, di scrivere nei treni, negli aeroporti, raccogliendo storie: vedo persone che si amano, si lasciano, si arrabbiano, si ritrovano. Mi piace l’idea che le mie opere raccolgano storie attraverso il colore: è arte in movimento in un luogo di passaggio, ma con il potere di farti fermare».

Le opere sono realizzate con tecnica mista: in che periodo e dove sono nate?

«Le ho realizzate quest’estate, in Puglia. Ho preso uno spazio in un’officina meccanica del mio paese, Montemesola. È stato surreale e divertentissimo: da una parte c’era il meccanico che lavorava alla macchina, dall'altra io che facevo arte. Un contrasto pazzesco, ma anche molto utile sperimentalmente. Lavoro con tecnica mista: dripping, pouring, arte fisica. Uso acrilici, vernici, resine biologiche, spesso recuperate dalla natura. Avevo accanto uno spazio verde bellissimo, da cui ho tratto ispirazione».

Ascolta qualcosa mentre dipinge?

«Senz'altro la mostra ha un chiaro riferimento a David Bowie, da cui abbiamo preso il titolo. “Speed of Life” è la traccia di apertura del suo album Low (1977). Durante il processo creativo ascolto molta strumentale. Sono veri e propri viaggi materici: entro nello spazio e nel tempo dell’opera, non so quando inizio né quando finirò. Continuo finché non sento che è arrivato il punto giusto, anche se i confini non ci sono».

Nelle opere si nota spesso un richiamo alla circolarità. Che significato ha?

«Tutto torna, nulla si perde mai. Siamo in continua evoluzione. E anche musicalmente non mi accontento mai. Mi piace sperimentare, cambiare, ma resta sempre una continuità data dal “cerchio della vita”. Utilizzo la ripetizione, i contrasti di colore, e il movimento che ricreo sulla tela nasce spesso da una sorta di danza, l’ultimo passaggio prima di completare l’opera».

Tornando al tema del viaggio, ce n'è uno che l'ha segnata particolarmente?

«Sì, un viaggio in Africa con un progetto ideato dall’ex Ministro della Cultura marocchina, che ha messo insieme artisti di tutto il mondo in contesti non convenzionali. È stata un’esperienza fortissima anche per le contraddizioni che ho visto: eravamo con l’ambasciata, in luoghi di grande ricchezza, ma fuori c’era tanta povertà. Una dicotomia potente».

Alla fine cosa spera provi il viaggiatore che guarda le sue opere?

«Spero possa concedersi un po’ di libertà, che si fermi un attimo e attraverso il colore riesca a guardare dentro di sé. Mi piacerebbe che le mie opere diventassero, anche solo per un istante, lo specchio dell’anima di chi le osserva. Perché questo, secondo me, è il vero potere dell’arte: sviluppare il sensoriale, permetterci di ritrovarci in essa, anche solo per un po’».

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