Fondere autobiografia, riflessione esistenziale e riferimenti culturali: è forse questa la cifra stilistica di Silver, nome d'arte di Silvio Barbieri (classe '85, lo ricordiamo a XFactor nel 2009 - anno in cui vinse Marco Mengoni - in squadra con Morgan). Il 12 settembre scorso è uscito «Nato morendo», nuovo singolo che riesce a essere confessione personale e dichiarazione di resistenza umana e artistica, specchio di un uomo che non si è mai piegato a regole di mercato ma ha mantenuto saldi i suoi principi e la sua natura. Quasi un monologo interiore, intimo e drammatico, che racconta il dolore non come fine a sé stesso, ma come motore di rinascita e trasformazione. Silver lo conosce bene: etichettato in passato con una prematura «morte artistica», dopo alcune vicissitudini legate alla partecipazione al talent, ha saputo reinventarsi e ripartire con ancora maggiore autenticità. E il progetto è arricchito dal videoclip diretto da Matteo Sambero, con un'idea sviluppata insieme alla storica manager Rita Biganzoli, che trae ispirazione da Edgar Allan Poe e dal Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde, complici anche i giochi con i fan che da anni sottolineano l'immutata freschezza di Silver.
Il titolo «Nato morendo» ha un impatto piuttosto forte...
«È arrivato per caso, ed è stata l'ultima cosa che abbiamo scelto. Senz'altro attira l'attenzione, e racchiude il significato intrinseco della canzone. Da quella che può essere una “morte” in senso ampio, c’è sempre una rinascita. O rappresenta anche un bambino che piange venendo al mondo, metafora dell’infelicità della vita. Lascia aperte tante porte, come il resto della canzone».
Si parla infatti di riscatto, lotta contro le avversità della vita. Quanto c’è di autobiografico?
«Decisamente molto. Ho sempre parlato, negli ultimi brani, di cose che mi riguardano, ma questa è proprio una canzone che vivo, più interna, concreta, rivolta alla mia esistenza. Forse più “cruda”, ma la vita è fatta anche di queste cose. Era il momento giusto per parlarne».
C’è un verso che dice: «Salvami la vita perché non ho tempo». Che significato ha il concetto di salvezza?
«Oggi chiedere aiuto è vista come una cosa da deboli. Ed è difficile mostrarsi deboli, per i social, perché bisogna mostrare la parte migliore di sé. Invece ogni tanto è importante far sentire questo grido di necessità di aiuto, perché da soli non si fa niente. Da soli non si è completi, nella condivisione si ritrova la pienezza delle cose».
Ha persone che la seguono dagli esordi, almeno dal successo dopo la tv. Guarda ancora X Factor?
«Non l’ho mai guardato. È stata un'esperienza che ho fatto, è andata bene, ma non è un genere di programmi che seguo».
Dopo la sua esperienza nel talent era uscito fuori che lei aveva un singolo ma non fu mai pubblicato. Cosa era successo?
«È saltata fuori una problematica legata al mio percorso. La produzione e le etichette discografiche mi vedevano in un certo modo, ero scout, avevo un viso da “bravo ragazzo”. Morgan invece mi conosceva meglio e aveva capito che il mio percorso poteva essere un altro. Mi proposero canzoni che ho rifiutato perché troppo schierate verso una direzione in cui non volevo andare, ma sono andati lunghi con i tempi. Io nel frattempo proponevo le mie canzoni, ma mi è stato detto che non erano abbastanza forti, finché non arrivò in extremis quella che portai come inedito, "Fuori c'è il sole". Due ore prima della puntata Morgan mi disse di salire sul palco e cambiare le parole... Poi mi disse in diretta «Tu sei un grande, la canzone non era buona per te». E da lì si è congelato tutto».
Eppure nonostante le difficoltà si è portato dietro uno zoccolo duro di persone che la seguono
«A X-Factor sono entrato come mosca bianca. Non avevo manager o produttori, ero io e basta, furono i miei amici a spingermi a iscrivermi. Suonavo nei club, la mia realtà era quella. Poi ho dovuto trovare delle persone di fiducia, compresa Rita, con cui collaboro dal 2010. È fondamentale avere qualcuno accanto, altrimenti si rischia di perdersi».
Oggi tanti giovani faticano a trovare il proprio spazio nella musica e non solo. Che messaggio darebbe loro?
«Deve partire tutto da una necessità interna e da una passione che vince su tutto. Vale anche per lo sport. È un sacrificio: vuol dire buttarsi a capofitto in quella cosa in cui credi. Si perde tanto del resto della vita: mi ricordo che lavoravo, studiavo, ma tutte le sere c’erano le prove. Dormivo pochissime ore. Sono scelte che puoi continuare a fare solo se ci credi veramente, non puoi nemmeno sapere se ci sarà una remunerazione. Deve servire a te per primo, non lo devi fare per gli altri, lo devi fare per te stesso. Se non c’è la passione, duri poco».