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La «Third Stream» targata Iannuzziello

 
Ugo Sbisà

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Ugo Sbisà

La «Third Stream» targata Iannuzziello

Per una di quelle leggi non scritte che reggono il mondo della musica, accade di tanto in tanto che esperienze stilistiche considerate marginali o comunque concluse, tornino periodicamente in auge dimostrando di essere ancora gravide di influenze per le nuove generazioni

Martedì 27 Giugno 2023, 07:04

Per una di quelle leggi non scritte che reggono il mondo della musica, accade di tanto in tanto che esperienze stilistiche considerate marginali o comunque concluse, tornino periodicamente in auge dimostrando di essere ancora gravide di influenze per le nuove generazioni. Nel caso del compositore e contrabbassista barese Mario Iannuzziello, classe 1990 con studi compiuti in Italia (Bari, Roma e Matera) e all’estero (Olanda) è ad esempio inevitabile fare riferimento alla Third Stream, ovvero a quella ideale «terza corrente» che, nel corso degli Anni ‘50 del secolo scorso, cercò di unire l’improvvisazione jazzistica alle tecniche di composizione e scrittura delle avanguardie contemporanee, auspice anche la presenza in California del compositore Darius Milhaud.

Di quegli anni lontani, che in Italia videro pionieristicamente impegnato Giorgio Gaslini col suo «Tempo e Relazione», ci restano oggi alcune registrazioni molto care agli appassionati, promosse o effettuate da personaggi quali John Lewis e Gunther Schuller, uomini del cool come John LaPorta o Jimmy Giuffre e profeti del free come Eric Dolphy e Ornette Coleman. Ma sebbene jazz e «classica» abbiano flirtato sin dagli albori del Ventesimo secolo con risultati talvolta degni di nota, sembra esistano una serie di diffidenze e pregiudizi ancora duri da abbattere che frenano – o quantomeno ci provano – molte iniziative degne di interesse.

Tornando a Iannuzziello, che ci ha offerto lo spunto per parlarne, diciamo subito che quello per la Third Stream non è un interesse passeggero, ma ha costituito anche l’oggetto della sua tesi di laurea elaborata sotto la guida del compositore Fabrizio Festa. A coronare gli approfondimenti accademici, esce adesso «End of May», album edito dalla salentina Workin’ label nel quale il Nostro si cimenta come bassista e compositore, firmando una scaletta in buona parte originale.

Ma poiché appunto l’idea di partenza è quella di creare dei punti d’incontro, degli snodi tra i due linguaggi, a dare spessore alla registrazione c’è anche l’assortimento di una formazione modulare nella quale un sestetto di stampo jazzistico (sax, tromba, chitarra elettrica, pianoforte, contrabbasso e batteria), si confronta e interagisce con un quartetto d’archi.

Il risultato non manca di proporre dei momenti di grande suggestione nei quali il lessico più squisitamente jazzistico si fonde con sonorità e armonie ora dal sapore quasi pucciniano, ora invece dai colori più squisitamente contemporanei, finendo per tratteggiare un percorso sonoro tecnicamente ed emotivamente convincente, ma soprattutto volto a scrutare l’orizzonte e mai a chinarsi malinconicamente su se stesso. Nei dieci brani in scaletta, vi sono anche delle composizioni altrui, come ad esempio il lirico «Single Soul» del trombettista americano Philip Dizack e il ternario «Humanity» del pianista genovese Dado Moroni. «Urban Sketches» è preceduto da una introduzione ricavata dall’Adagio Molto del Quartetto op. 41 n. 3 di Robert Schumann, mentre «The Door Behind the Door» si ispira agli scritti – e alla filosofia di vita – del giornalista Tiziano Terzani.

Un lavoro reso solido anche da una buona padronanza della scrittura compositiva, che a suo modo vuole essere un punto fermo nella produzione discografica di Iannuzziello, qui giunto al suo terzo album. Con lui si ascoltano nelle varie tracce Esmeralda Sella (pianoforte), Luca Di Battista (batteria), Edoardo Liberati (chitarra), Antonio Saldi (sax alto) e Jacopo Fagioli (tromba); il quartetto d’archi è invece composto da Ida Di Vita (violino primo), Jamiang Santi (violino secondo), Riccardo Savinelli (viola) e Gianluca Pirisi (violoncello).

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