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MUSICA
enrica simonetti
08 Agosto 2020
È proprio vero che il violino è il più umano degli strumenti musicali. L'altra sera a Molfetta sembrava di essere spettatori di una Traviata sotto le stelle, tra scenografie, voci e personaggi. L'immaginazione è stata trascinata dalla forza delle note del primo violino del teatro alla Scala, Francesco Manara, che, in perfetta simbiosi con il pianista Pietro Laera, ha letteralmente travolto il pubblico del concerto tenuto nell’anfiteatro della Madonna della Rosa, collegando come per miracolo Verdi alle auliche danze Viennesi di Kreisler e Beethon (Romanza in fa) al ritmo delle Danze popolari rumene (Bartok) e all'intensità del Capriccio di Saint-Saëns.
La Fondazione Valente ha scelto due grandi nomi della musica per riaprire la stagione dei concerti dopo la lunga pausa del Covid, una pausa durante la quale abbiamo ascoltato le esecuzioni in video, rimpiangendo sempre la magia del live, il vento piacevole delle note che ci giungono a due passi dai Maestri, con la loro voglia di comunicare bellezza.
Chiamato a soli 22 anni alla Scala dal Maestro Muti, Francesco Manara ha toccato tutti con le note di un violino perfetto, capace di contagiare il pubblico, che ha chiamato gli artisti per ben tre «bis», tra i quali un'intensa esecuzione di quel capolavoro che è La leggenda del pianista sull'oceano, scelta in segno di omaggio al grande Ennio Morricone. E non è stata l'unica dedica della serata, visto che l'avvocato Rocco Nanna, presidente della Fondazione Valente, ha voluto ricordare con commozione anche le vittime della terribile esplosione dei giorni scorsi a Beirut, dove - ha detto – un'anziana signora, ha trovato tra le macerie un pianoforte e ha cominciato a suonare per le tante persone colpite. «Abbiamo tutti bisogno di risorgere con la musica», ha sottolineato Nanna. Cerchiamo “una carezza per l'anima” come ha definito il concerto l'assessore alla Cultura del Comune di Molfetta Sara Allegretta, la quale si è complimentata perla «missione» artistica della Fondazione Valente.
Rilasciando un'intervista al termine del concerto, lo stesso Francesco Manara ha ricordato la «casuale meraviglia» con la quale è iniziata la sua carriera artistica. E il ruolo di Riccardo Muti, evocato proprio a Molfetta, ha dato ulteriore energia ad una serata piena di magia. «Ero giovanissimo – ha detto Manara – e nei miei sogni di musicista c'era forse un ruolo da solista e non pensavo nemmeno minimamente all'orchestra. Mentre svolgevo il servizio civile, mi presentai ad un'audizione che mi permise di farmi ascoltare da tanti grandi della musica e soprattutto dal Maestro Muti. Bene, fu lui stesso a chiamarmi in camerino e a dirmi che sarei diventato il primo violino della Scala. Ero talmente inesperto che al momento risposi anche che... non potevo, che dovevo completare il servizio civile, ma per fortuna lui mi fece tornare con i piedi per terra».
E così comincia la straordinaria avventura di Manara, fondatore del Trio Johannes, diventato primo violino dell'orchestra del Teatro alla Scala e della Filarmonica nel 1992 e poi dal 2001 primo violino del Quartetto d’Archi della Scala. «Mio padre ha riversato su di me il suo sogno – aggiunge – perché lui amava la musica e poi ha fatto l'avvocato».
Il piacere della musica dal vivo «è unico e insostituibile», ha sottolineato il pianista Pietro Laera, che l'altra sera ha colpito il pubblico, con l'intensità delle sue esecuzioni e con la duttilità del suono, quella che nel tempo gli ha permesso di vincere numerosi premi in concorsi pianistici nazionali ed internazionali.
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