Ci si attende la nascita circa 20mila baby-tartarughe marine. Una nidiata record, anche se, una volta in mare, non tutte cresceranno, diventeranno grandi, deporranno altre uova. Esattamente come cantava Gianni Morandi, «una su mille ce la fa»... ad arrivare all’età riproduttiva (20-25 anni). Troppi pericoli, troppe insidie, troppi predatori. Giunte al mare nuotano ininterrottamente per allontanarsi dalla costa. Dove esattamente trascorrano i primi anni della loro vita è un mistero che i biologi non sono ancora riusciti a spiegare, il cosiddetto «periodo buio»: solo dopo alcuni anni di vita, raggiunte dimensioni che le mettano al riparo dai predatori, fanno ritorno alle zone costiere.
Cosa ne sarà delle tartarughine, insomma, non è dato saperlo. L’unica cosa certa è che il 2023 è l’anno del boom delle nidificazioni di esemplari «Caretta caretta» nel Mediterraneo occidentale. Sono 444 i nidi di tartaruga marina registrati in Italia a chiusura della stagione: è il dato più alto di sempre.
Un risultato accompagnato dal lavoro di monitoraggio e messa in sicurezza dei siti di «ovodeposizione» svolto dalle centinaia di volontari delle associazioni partner del progetto europeo «Life Turtlenest», nato per creare una rete internazionale destinata alla tutela dei nidi di «Caretta caretta» sulle coste mediterranee di Italia, Spagna e Francia. In Basilicata sono stati trovati ben tre nidi, tutti a Maratea, uno dei quali nella suggestiva spiaggia nera «Cala Jannita».
In testa alla classifica nazionale c’è la Sicilia (156 nidi). Seguono la Calabria (125 nidi), la Campania (54), la Puglia (45), la Toscana (23), la Sardegna (18), il Lazio (18), l'Abruzzo (1) e l’Emilia-Romagna (1). Coinvolte anche le coste di Spagna e Francia, rispettivamente con 27 e 12 nidi. Dunque, complessivamente nel Mediterraneo occidentale sono stati identificati 483 nidi.
«Alla luce di questi numeri, questa porzione del Mediterraneo si conferma un’importante nursery, assumendo, quindi, un ruolo significativo per la conservazione della Caretta caretta – dice Stefano Di Marco, coordinatore dell’Ufficio progetti di Legambiente e Project Manager di «Life Turtlenest» –. Per questo diventa impellente garantire adeguate misure di conservazione attraverso la collaborazione con le amministrazioni locali e dare una maggiore spinta alle attività di sensibilizzazione rivolte ai cittadini.
Inoltre, risulta necessario implementare i processi di inserimento della Caretta caretta nei siti Natura 2000 dove la specie non è ancora presente e istituirne di nuovi laddove necessari, mediante la creazione di un’ampia rete di collaborazione».
«Il risultato di quest'anno con il record di nidi censiti del Mediterraneo Occidentale assume particolare rilievo, perché certifica il trend positivo dell'ultimo decennio e l'effettiva espansione dell'areale di nidificazione di Caretta caretta in questo bacino – commenta Sandra Hochscheid, ricercatrice della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli e responsabile scientifico del Progetto –. Con Life Turtlenest andremo a individuare le aree di sviluppo giovanile, gli ambienti di alimentazione degli adulti e i corridoi migratori che li connettono.
L'obiettivo finale è sviluppare una strategia integrata di conservazione che consenta di individuare le aree a maggiore idoneità e applicare le migliori pratiche di tutela per garantirne la resilienza nel contesto del cambiamento climatico».
I dati sulle nidificazioni delle tartarughe marine confermano come il surriscaldamento delle acque, legato ai cambiamenti climatici, stia spostando sempre di più l’areale della «Caretta caretta» verso il Mediterraneo Occidentale.
Le aree di nidificazione - spiegano gli osservatori del settore - spesso coincidono con zone di turismo balneare. Una convivenza che, se gestita male, rischia di compromettere la schiusa delle uova. Spagna, Francia e Italia sono tra i primi sette Paesi mediterranei con la più alta pressione turistica.
Risulta necessario - sottolineano i promotori del progetto Life Turtlenest - trovare un compromesso tra attività economiche e salvaguardia della specie, creando un’alleanza tra i diversi stakeholders: operatori del turismo, amministrazioni locali, associazioni per la salvaguardia ambientale, cittadini e comunità scientifica.r