La tela più antica della galleria Risolo di Specchia è un’opera inedita del Naldini, allievo del Vasari, e oggi è arrivato l’ok al restauro dalla Soprintendenza.
La paternità della scoperta e quindi dell’attribuzione al pittore cinquecentesco è del professore Giovanni Perdicchia, uno storico che si è fatto le ossa immergendosi per anni nelle carte d’archivio e, come in questo caso, tra le comparazioni stilistiche.
Facciamo un passo indietro. Lo scorso mese di gennaio fu la nostra “Gazzetta del Mezzogiorno” ad anticipare la notizia sull’importate ritrovamento di due tele, appartenute a una quadreria dei nobili cittadini, avviata dal marchese Andrea Gonzaga, oggi di proprietà del Comune. Si tratta di due oli su tela “Gesù che scaccia i mercanti dal tempio” (227x168 centimetri) e “Mosè ed il ritorno delle spie” (145x196), che un’equipe di professionisti composta dallo stesso Perdicchia e dai ricercatori Marcello Gaballo e Stefano Tanisi aveva ricollocato nella loro giusta posizione.
In attesa di una pubblicazione sul tema, non vennero svelate le attribuzioni, che Perdicchia aveva già intuito tra ottobre e novembre e che mise nero su bianco lo scorso dicembre nelle relazioni presentate alla sindaca Anna Laura Remigi, utili a definirne l’acquisizione dai privati. Quindi è ufficiale. La tela più antica, “Gesù che scaccia i mercanti dal tempio”, è datata tra il 1572 e il 1580 ed è attribuita senza ombra di dubbio a Giovanni Battista Naldini, artista fiorentino della scuola di Giorgio Vasari vissuto tra il 1535 e il 1591.
Naldini, detto Battista degli Innocenti e con una frequentazione anche della scuola del Pontormo, non è stato un semplice seguace, ma una figura di primo piano dell’arte italiana. Ha lavorato insieme a Vasari in Palazzo Vecchio e alla realizzazione degli affreschi della tomba di Michelangelo a Firenze.
Tornando alla committenza salentina, ci sono numerosi dettagli formali o soggetti che si riscontrano nelle sue opere incredibilmente simili, come il disegno a sanguigna con la figura reclinata in avanti attribuito allo stesso Naldini, conservato al museo del Prado a Madrid e relativo alla battaglia di Cascina di Michelangelo, che è diventato modello per un soggetto dipinto in basso a destra nella tela di Specchia e che si può definire la principale firma del pittore.
Anche l’inquadratura e la scena architettonica del tempio sono incredibilmente uguali alla sua “Presentazione di Gesù al tempio” (un dipinto del 1572 che si trova nella Basilica di Santa Maria Novella a Firenze).
«Sono stato l’unico ad aver ritrovato, visto di persona e valutato tutti gli indizi – ha commentato Perdicchia - il personaggio disteso di spalle, sempre in basso ma a sinistra, lo ritroviamo in un’altra sua opera, cioè il dipinto “Santa Caterina d’Alessandria e il miracolo della ruota” di Pistoia (circa 1580). Poi ancora un altro dettaglio riguardante una figura, molto simile, lo ritroviamo nell’opera “Deposizione di Cristo dalla croce” (un olio su tela datato intorno al 1572, appartenente a una collezione privata) che risulta inserito nella stessa posizione ma ribaltato rispetto al dipinto della collezione del castello Risolo».
L’attribuzione ormai certa, apre un nuovo capitolo su un traffico artistico tra il Salento e la Toscana tra ‘500 e ‘600 e sono proprio gli sforzi di studiosi come Perdicchia, nonostante i tentativi di emulazione da parte di aspiranti storici dell’arte, a rinforzare questa peculiarità territoriale rispetto ad altre aree italiane ed europee. Sono infatti molto conosciuti gli scambi culturali con Napoli, Roma e Venezia, poco quelli con Firenze.
A titolo di cronaca va detto che la seconda tela della collezione dei Risolo è stata attribuita dallo storico dell’arte Tanisi ad Andrea Miglionico (allievo di Luca Giordano vissuto tra il 1662 e il 1705), ma visto il pessimo stato di conservazione, bisognerà attendere il restauro conservativo, anche questo appena approvato dalla Soprintendenza, per valutare gli ulteriori dettagli che riaffioreranno.
«È encomiabile la caparbietà con cui il professor Perdicchia ha cercato e ricercato la dispersa quadreria di Specchia – interviene il professor Franco Contini, già titolare della cattedra di pittura all’Accademia di Belle arti di Lecce – ho seguito passo passo la ricerca, quando le sue indagini attributive si erano concentrate su Naldini già a novembre».