In queste pagine di «Diario di Classe» il tempo sembra essere il tema più ricorrente, è un tempo variabile, fatto di attese e riprese, un tempo fitto di parole e a volte un tempo denso di silenzi. Di promesse mancate e di sfide vinte.
È un tempo cangiante appunto, come quello meteorologico, mai identico a se stesso, mutevole per definizione che cambia al cambiare delle stagioni.
Per noi adulti è spesso un tempo al passato, il mio fa rima con il Tempo delle mele e con il tempo instabile del colore dei miei capelli, divenuto cangiante anch’esso, cartina al tornasole del tempo che passa inesorabile, per mio figlio invece è il tempo dei desideri, tutto declinato al futuro: farò, andrò, inizierò. Per i ragazzi che frequentano gli ultimi anni di liceo, ormai vicini al compimento della maggiore età, è il tempo dell’attesa e del conto alla rovescia.
Ieri Matteo mi ha detto: «Prof. mancano 38 giorni al mio compleanno!». 38 giorni. Per lui questo è il tempo.
Non inizierò a parlare di bilanci, non oggi, né lo farò nelle prossime settimane, né ad inizio anno, perché si sa i bilanci creano ansie e frustrazioni, persino inutili, tanto tutto ingoia il tempo.
Vorrei invece sapere che tempo ci aspetta, conoscere ciò che sarà di tutti i ragazzi che oggi vivono le nostre classi, sapere se i progetti e i sogni si compiranno e soprattutto se saranno coraggiosi abbastanza da avere cura dei loro sogni.
Certo, questo strano tempo minaccioso e buio, concorre a creare incertezza e disillusione, capace di semplificare e persino di confonderli i sogni.
Shakespeare scriveva: «Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni». Dunque preserviamo i sogni.
I più audaci sceglieranno di andare via per compierli altrove, consapevoli che sarà necessario compiere il grande passo e per qualcuno non sarà solo un passo verso l’ignoto ma si tratterà di lanciarsi in un triplo salto carpiato, eppure necessario per non lasciarsi sopraffare dal: non ho fatto, non ci ho provato... che domani diverranno il tempo del faticoso rimpianto.
Qualche giorno fa leggevo un articolo circa i numeri e le ragioni di quella che appare oggi come una vera e propria migrazione di massa. I dati ISTAT del 2019, raccontano che il numero degli italiani che lasciano il Paese è in costante aumento. In Puglia abbiamo perso oltre 140 mila giovani in dieci anni.
Ciò nonostante, non resta che un titolo da giornale e niente altro, nessuna strategia per un cambio di rotta, progettare è per il mondo adulto ancora troppo complesso.
C’è un tempo per ogni cosa, mi ripetevano da bambina, una stagione per tutto, ma noi abbiamo smesso di immaginarne una per loro, omesso per intero il tempo dei giovani, nonostante il lungo elenco di frasi banali, alla quale di tanto in tanto facciamo riferimento: «Largo ai giovani, spazio ai giovani…»
Ma da noi gli adulti, ormai anziani, sembrano ancorati, inchiodati a quello che ancora immaginano come il loro tempo. Che qualcuno dica loro che non è più tempo.
La verità è che il nostro non è un Paese per tutti, non lo è mai stato e non lo è neanche oggi nonostante il nostro: «Prego, avanti i giovani».