Ogni volta che non ascolti l’interlocutore, che presumi di sapere, giudichi senza tenere conto di cosa avviene nella mente dell’altro/a. Ogni volta che hai la presunzione di avere ragione, non sei in dialogo.
Quali sono i motivi per cui non dialoghiamo?
Meccanismi di difesa disfunzionali, ci fanno temere di perdere terreno, ci insinuano l’idea che barricarci dietro un muro sia la scelta giusta, una barriera che ci porti prima e con meno sforzo al nostro obiettivo. Prevaricando, per non essere prevaricati.
Sottrarsi al dialogo evitandolo o alzare i toni di una conversazione sono solo espedienti poco efficaci, che illudono di aver risolto una situazione complessa e intricata. In realtà si sta solo mettendo polvere sotto il tappeto. Oltre la metafora, peraltro, la polvere resta lì, senza gravi danni, mentre il “non detto” agisce sul nostro benessere, demolendo parti di noi che non hanno voce e soprattutto, cosa ben più grave, intaccando negativamente la relazione.
Relazioni in crisi, che sarebbero risolvibili. Situazioni di contrasto solo apparente. Negoziazioni difficili, a cui non viene prestata sufficiente attenzione all’ascolto della controparte e dei suoi bisogni.
Ovunque il mancato dialogo e la sua assenza stanno provocando distanza, conflitto, crisi e malessere, disperdendo e energie, tempo e costi.
Ogni cosa ha un prezzo, così come un mancato dialogo, porta a delle conseguenze.
Ogni cosa nella vita ha un valore, come un dialogo sincero e aperto, orientato a comprendere e a costruire il modo migliore di stare insieme.
Nel lavoro, negli affetti, nelle relazioni.
Stare insieme facendo la differenza, dando valore al nostro presente, costruendo rapporti e dialoghi autentici e profondi.
Di cosa abbiamo paura? Di non sapere gestire la diversità di opinione? Di perdere controllo? Di perdere potere?
Sarebbe utile chiedersi: quale potere abbiamo senza una relazione e senza un dialogo?
Potere inteso come possesso e autorità consentono solo alcune possibilità di controllo, generalmente il mantenimento di un ordine generico e di facciata. “Potere” inteso come possibilità, significa ampliare il ventaglio delle proprie scelte e orientarsi in base alla significatività di una relazione.
Se l’altro sono io, lo stile di dialogo fa la differenza e il tempo ad esso dedicato non è mai perso, ma guadagnato per sentirmi accolto, compreso e riconosciuto nella mia identità e unicità.
Ma esiste una modalità efficace di esprimere il proprio bisogno, con difese funzionali?
Si, accettando di entrare in dialogo con noi stessi prima che con altri e accogliendo la nostra vulnerabilità, per riconoscerla nella relazione con l’alterità. Non temerla e gestirla per essere aperti all’esplorazione delle diverse parti di noi che entrano in gioco nella vita, in un continuo caleidoscopio di complessità. Un esercizio che è utile anche con gli altri con cui con-dividere la nostra esperienza di vita.
Il tempo delle vacanze, può essere un momento da dedicare all’allenamento di questo dialogo. Centrando su di noi - come destinatari di fiducia, di ascolto e dialogo - la relazione, possiamo aprirci con rinnovato stupore alle relazioni con gli altri e sforzarci di scoprire quanto coraggio abbiamo nello stare un po’ a disagio nel dialogo sincero.
Creando uno spazio e un tempo in cui riconoscere la diversità e provare a legittimarla, come fosse la nostra. Per poi procedere con piccoli tentativi di incontro su punti di contatto, valori comuni, bisogni conciliabili.
E riscoprire così la “Potenza” di crescere, di far evolvere noi stessi, anche in quelle capacità sociali e di vita, che ritenevano abitudini quotidiane scontate, schemi ripetitivi nei quali trovarci imbrigliati.
Non esiste marinaio che rimanendo imbrigliato nella rete vuota, finga che il problema sia il pesce che manca o che trama alle sue spalle.