BRINDISI - Due dei tre figli avuti dalla sua compagna non sono suoi. Lui, un fasanese di 52 anni, lo scopre dopo una decina di anni, quando la moglie decide di separarsi. E da quel momento inizia a tormentare la donna: «Vattene tu e i tuoi figli». A volte la schiaffeggia, ma non vuole che la moglie lasci la casa e pretende che sia lei a prendersi la responsabilità di un eventuale divorzio. Una situazione esplosa il 10 luglio. In casa volano bottiglie e sedie. L’uomo strattona la moglie e la spinge con tutta la sua forza contro un termosifone procurandole delle lesioni ad una mano e ad un braccio. Intervengono i carabinieri. «Portatela via - grida l’uomo -, sennò entro stasera l’ammazzo».
La situazione in famiglia era insomma insostenibile. E il giudice, per evitare qualcosa di irreparabile, emette la misura cautelare di divieto di avvicinamento alla donna. L’uomo (ne omettiamo il nome per tutelare i figli della coppia) viene così iscritto nel registro degli indagati e poi rinviato a giudizio per maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate: il pm Francesco Carluccio gli contesta anche l’aggravante di avere agito alla presenza dei figli minori.
Ieri si è svolta la prima udienza a Brindisi dinanzi al giudice monocratico Stefania De Angelis. La moglie si è costituita parte civile. Sono state acquisite le fonti di prova e le liste dei testimoni. Prossima udienza il 1° ottobre.
Tre figli, uno di diciassette anni, l’altro di 12 e il terzo di nove anni. Il primo nato dalla coppia. Il padre degli altri due è un signore con il quale la donna, all’insaputa del marito, ha avuto una lunga relazione facilitata a volta dalle assenze del suo uomo che ha avuto alcuni problemi con la giustizia.
Per diverso tempo è una famiglia come tante altre. Ma poi i rapporti tra marito e moglie diventano tesi. Lei vuole separarsi. Lui non ne vuole sapere. Per convincerlo gli dice che è padre biologico solo del figlio diciassettenne, mentre gli altri due sono stati concepiti con un altro uomo durante rapporti occasionali.
Nel capo di imputazione il pubblico ministero parla di «una pluralità di atti ripetuti nel tempo, lesivi della integrità psicologica e fisica della donna». Il marito «le rendeva la vita oltremodo penosa, in particolare, in più occasioni e con frequenza quotidiana, per motivi banali e soprattutto per gelosia, covando il risentimento per una relazione extraconiugale che nel lontano passato lei aveva avuto con un altro uomo e dalla quale erano nati i figli di 12 e di 9 anni». Lui «la offendeva continuamente con espressioni ingiuriose e le rinfacciava ogni giorno quella sua infedeltà». E non solo. «La denigrava , umiliandola, le rivolgeva ripetutamente minacce, anche gravi di morte, anche per costringerla alla coabitazione e per scoraggiarla dalla scelta di intraprendere una separazione legale che lui avrebbe voluto fosse pronunciata semmai per colpa della donna».