Il caso “party boat” nelle acque di Porto Cesareo (Le) continua a fare discutere.
La vicenda sollevata nei giorni scorsi dalla nostra testata attraverso uno specifico approfondimento, divide l'opinione pubblica, ancora di più a poche ore di distanza dal comitato per l'ordine e la sicurezza convocato in prefettura a Lecce che ha decretato una specifica linea di indirizzo al riguardo. Con restrizioni e controlli nei confronti di chi contravvenga alle regole su intrattenimenti danzanti, assembramenti in mare con evidente occupazione di demanio (perché anche il mare, come le spiagge, è demanio e non proprietà privata di cui fare uso e soprattutto abuso indiscriminato, ndr),rispetto dell'ambiente e dell’ecosistema marino, guida in stato delucidità e non di ebbrezza, per citare solo alcuni esempi.
La terza puntata della nostra inchiesta si sposta dalle pagine di carta al web, e dà voce ad alcuni dei partecipanti alle feste, due testimoni di età compresa tra i 30 e i 40 anni, delle province di Brindisi e Lecce che a quelle feste hanno preso parte.
Lungi dal volersi sostituire agli investigatori, ma con esercizio il rispetto del diritto dovere di cronaca, rendiamo noti passaggi le cui riflettere, relativi al numero di partecipanti ai ritrovi, da 100 in su, al protagonismo dell'alcol come ingrediente tra i principali delle feste, all'accumulo di rifiuti e il lavaggio di stoviglie e capelli con versamento di detersivi in mare. Di situazioni di pericolo parla inoltre uno dei testimoni.
Sui social e non solo intanto impazza la polemica, molti diportisti sollevano la piaga della pesca indiscriminata e illegale al cianciolo che sta depauperando i mari salentini passando quasi inosservata nonostante i danni a lunga gittata all'ecosistema e ai suoi frutti, oltre a presunte situazioni di opacità in alcuni luoghi deputati all'ormeggio.
Ciò che molti temono è una stretta indiscriminata nei confronti di chi sale sulla propria barca, solo per vivere un momento di libertà in alto mare o di sano convivio con gli amici.
È opportuno fare dei distinguo.
Stando a quanto emerso in maniera ufficiale dalla riunione in prefettura e a quanto è vergato nero su bianco su apposita ordinanza, sono proprio le situazioni di mancato rispetto delle regole e illegalità diffusa a finire sotto la lente di ingrandimento, né sarà fatta di tutta l'erba un fascio. Va da sé che mettersi alla guida di un mezzo, qualunque esso sia quindi anche un natante in mare, in stato di alterazione alcolica, sia prodromo di pericolo per sé e per gli altri.
E la prevenzione prima della repressione può evitare situazioni estreme cui sarebbe più difficile porre rimedio.
Pare inoltre assodato che le feste in acqua siano partite qualche anno fa, come semplici ritrovi tra amici e niente di più e per qualcuno è ancora così. Per questo è opportuno fare dei distinguo.
Per molti infatti la situazione è andata in crescendo nel giro di due anni e sono state organizzate delle vere e proprie feste, che sono vietate. Lo dice la legge.
Ed è altresì fatta salva la buona fede di molti tra organizzatori e partecipanti. La situazione però è sfuggita di mano ed è degenerata.
Comportamenti inadeguati e fuori dalle regole sono assurti a consuetudine, magari anche in buona fede da parte di molti, ma ciò non è valido titolo autorizzativo per reiterarli, né garanzia di mancato intervento da parte dello Stato.
Non è mancato qui in queste ore abbia provato a spostare l'attenzione su altro, quasi come se ci fosse una reprimenda indiscriminata a 360 gradi, guardando al dito anziché alla luna.
Ma oltre il caos e il battage da social, la questione si può risolvere In pochissime battute due. Nessuno che abbia in animo di rispettare la legge ha di che preoccuparsi e temere.
Lo conferma anche il prefetto di Lecce, Natalino Domenico Manno: “Riportare la legalità e garantire il rispetto delle regole è il nostro compito nell'interesse pubblico che va oltre situazioni personalistiche e dispregiative dei valori costituzionalmente tutelati”, le sue dichiarazioni