BARI - È rientrata in poche ore le protesta all’interno del carcere di Bari dove alcuni detenuti, incitati da familiari all’esterno della struttura penitenziaria, hanno incendiato nel pomeriggio coperte e indumenti rifiutandosi di rientrare nelle celle. Fuori dalle mura del carcere una ventina di donne, tutte parenti dei carcerati, ha continuato fino a sera a chiedere «libertà e amnistia» per i loro familiari, protestando contro il provvedimento del Governo che, nell’ambito delle misure di contenimento del Coronavirus, ha sospeso i colloqui.
«Le misure del decreto di ieri sono corrette e sono a tutela dei detenuti. Bisogna spiegare loro che la situazione non va strumentalizzata e che è necessario mantenere la calma» ha detto il garante regionale per i detenuti, Piero Rossi, che oggi, dopo un inizio di protesta pacifica anche all’interno del carcere di Brindisi, con i detenuti che dopo l’ora d’aria non volevano rientrare nelle celle, ha deciso di incontrarli e domani mattina incontrerà quelli del penitenziario di Turi.
SECONDO GIORNO DI DISORDINI - Secondo giorno di disordini fuori dal carcere di Bari, dove poco fa circa 20-30 persone hanno istituito blocchi stradali su via Papa Giovanni XXIII chiudendo la circolazione tra via Giulio Petroni e Corso Alcide De Gasperi. La zona è presidiata dalle forze dell'ordine e nei cieli baresi vola anche un elicottero dei carabinieri. Il copione è sempre lo stesso: urla, rivolta, gente fuori col megafono che grida «Libertà!» «Amnistia!», «Fuori!», soliti luoghi comuni che stiamo vedendo e sentendo in queste ore in tutta Italia. Alcuni detenuti hanno anche appiccato il fuoco dall'esterno di una cella. Dalle celle si sentono urla e rumore di oggetti di metallo. "Liberi, liberi», urlano i detenuti. Al secondo piano ci sono circa 20 detenuti che non sono saliti sul tetto, ma si rifiutano di rientrare in cella.
GLI STRISCIONI - «Mettetevi le mascherine sulla coscienza». È una delle scritte sugli striscioni dei familiari e dei manifestanti in protesta all’esterno del carcere di Bari. Al rullo di tamburo suonato fuori dalle mura, i detenuti rispondono a tempo battendo oggetti sulle grate, alle quali alcuni tentano di arrampicarsi. In alcune celle hanno appiccato il fuoco a coperte e indumenti. In una sezione alcune decine di detenuti si sono rifiutati di rientrare nelle celle.
In strada le donne, mogli e figlie dei detenuti, con mascherine sul volto e megafoni, sollevano striscioni con su scritto: «Il detenuto è uno di noi. Non lo lasceremo solo» e "Domiciliari, indulto e amnistia per tutti i reclusi. Tutti liberi». Polizia e carabinieri sono all’esterno a contenere la manifestazione di protesta mentre all’intero sta intervenendo la Polizia penitenziaria.
È arrivato anche il dirigente della Digos e della Squadra Mobile, che hanno incontrato un funzionario della Polizia Penitenziaria, visibilmente preoccupato. Successivamente i manifestanti si sono spostati dall'altro ingresso del carcere, in corso De Gasperi, dove il personale della Polizia Penitenziaria era all'interno in tenuta antisommossa.

15 photos
LA SITUAZIONE A TRANI - Anche nel carcere di Trani si sono verificati dei disordini. Il fumo ha invaso un'intera ala dell'Istituto Penitenziario, dove alcuni detenuti hanno bruciato stracci, carta e altre cose. Alcuni sono riusciti anche a salire sul tetto.
PENALISTI BARI: INCENTIVARE MISURE ALTERNATIVE - «La Camera Penale di Bari si attiverà per individuare ogni possibile soluzione, di concerto con la Procura della Repubblica, l’ufficio gip, il Tribunale di sorveglianza e il Dap, per incentivare e accelerare il ricorso alle misure alternative alla detenzione, che in questo momento appare uno dei rimedi immediatamente percorribili per fare fronte all’assoluta emergenza». Lo dichiara il presidente dei penalisti baresi, Guglielmo Starace, commentando le proteste di oggi in numerose carceri italiane e anche in Puglia.
«L'epidemia di Covid-19, con le restrizioni che ne sono derivate, è la scintilla che ha appiccato il fuoco che covava da lungo tempo negli istituti penitenziari italiani, generando rapidamente il caos» dice Starace, ritenendo «necessario intervenire subito per ripristinare condizioni di sicurezza e vivibilità negli istituti penitenziari, nella consapevolezza che il sovraffollamento presente in tutti gli istituti di pena pugliesi, e in particolare nella Casa circondariale di Bari, è incompatibile con il rispetto delle misure di prevenzione adottate dal Governo e dal Ministero della Giustizia».
«Il rischio di contagio - aggiunge - coinvolge non soltanto i detenuti, ma tutto il personale che lavora negli istituti, ossia la polizia penitenziaria, gli educatori, i volontari e, non ultimi, i familiari e i difensori che si recano ai colloqui. Ogni ulteriore restrizione nei contatti con l’esterno e negli spazi di socialità risulta inevitabilmente punitiva nei confronti della popolazione carceraria, aggravando condizioni di detenzione già molto pesanti». «Invitiamo tutti i colleghi - conclude - a collaborare al ripristino del dialogo e delle condizioni di sicurezza, contribuendo ad alleviare quel sentimento di abbandono che porta a manifestazioni così pericolose per l’incolumità degli stessi detenuti».