di Giacomo Rizzo
Il vento buca la barriera antipolvere. Ampi squarci sulla rete innalzata per cercare di contenere la dispersione delle polveri dei parchi minerali dell’Ilva che raggiungono velocemente la città. Il rione Tamburi anche ieri, secondo giorno di Wind day, era «sotto attacco». Scuole chiuse per ordinanza sindacale e solite avvertenze ai cittadini per limitare i rischi per la salute. Una delegazione di cittadini si è recata a Palazzo di città e ha incontrato prima il capo di gabinetto e un ingegnere ambientale e poi il sindaco Melucci. «Siamo stanchi - ha sottolineato Antonio Lenti, giovane attivista del quartiere - dei Wind days e del rischio sanitario. Chiudere le scuole non è una soluzione. Negare diritti nemmeno».
Cosa è emerso dal confronto con il primo cittadino? «Abbiamo appreso che Arpa e Asl stanno ultimando un algoritmo che permetta di segnalare non più i Wind days giorno per giorno ma addirittura di ora in ora, essendo più dettagliati, cosicché se il vento inizierà a spirare il pomeriggio, i bambini potranno andare a scuola. La nostra posizione è quella dell’azzeramento delle fonti inquinanti. Non ci accontentiamo di palliativi come chiusura scuole o filtri all’interno delle stesse, ma vogliamo la chiusura, annullando così in toto l’inquinamento e l’emergenza sanitaria. La soluzione è un accordo di programma che porti in quella direzione, non il loro accordo di programma farlocco».
La recinzione antipolvere, con la sua porosità, oltre che a rallentare la velocità del vento, dovrebbe effettuare anche un’azione di intrappolamento delle polveri. Ma è evidente che non risolve il problema. E le foto della rete bucata, diffuse anche dal Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, sono davvero emblematiche.
Sempre sul tema dei Wind days l’associazione Peacelink ha diramato una nota attraverso la quale chiede al sindaco Melucci che il Comune commissioni una perizia ad Arpa Puglia che accerti «in maniera inequivocabile la natura delle polveri che si depositano sulla città durante i Wind days. Tale perizia - spiegano Alessandro Marescotti, Fulvia Gravame e Luciano Manna - deve avere carattere globale e sistematico che accerti, oltre ogni ragionevole dubbio, la provenienza delle polveri in modo da poter avviare nei confronti del prossimo acquirente dell'Ilva un'azione di quantificazione e risarcimento del danno». Questa è una delle quattro richieste ufficiali che l'associazione rivolge al primo cittadino. Peacelink fa presente che durante la notte precedente «i vetri delle case hanno tremato per la violenza del vento e stamattina (ieri ndr) i balconi sono pieni di polvere proveniente da nord ovest, ossia l'area geografica in cui c'è l'Ilva con i suoi immensi parchi minerali ancora scoperti».
La richiesta di formalizzare il principio "chi inquina paga" per il danno arrecato a ciascuna famiglia nei Wind Day secondo Peacelink andrebbe inserita nell'accordo di programma con ArcelorMittal, così come la rimozione dell'immunità penale.
La seconda richiesta avanzata al sindaco è che solleciti un aggiornamento entro la fine dell'anno dello Studio di coorte del dott. Francesco Forastiere sulla mortalità e morbosità nell'area di Taranto «in modo da poter verificare il nesso causa-effetto fra emissioni industriali ed eventuali eccessi di mortalità e di ricoveri». Terza richiesta: l'istituzione di «una biobanca che raccolga materiale biologico prezioso come cordone ombelicale, liquido amniotico e placenta al fine di poter conservare le prove dell'inquinamento e poter risalire alla sorgente con apposite analisi. Tale biobanca - sottolineano gli attivisti - va estesa ai lavoratori dell'Ilva».
Infine, l'associazione Peacelink chiede al sindaco di Taranto «che fissi una data entro cui istituire l'Osservatorio della mortalità in tempo reale con dati georeferenziati».
Nulla di nuovo, attacca l’onorevole Lucia Labriola di Forza Italia, «sul fronte tarantino, mentre l’accordo di programma su Ilva rimane ancora in alto mare, la città ionica continua a soffocare, giorno dopo giorno di più. Siamo all’ennesimo allarme Wind days, con una popolazione alla quale viene negato il diritto di fruire delle proprie strade, delle proprie piazze, degli spazi di gioco per i bambini». E mentre «Taranto - aggiunge la deputata - non può respirare, la politica continua a perdere tempo prezioso, utilizzando le vicende dell’acciaieria come materia di scontro politico. Governo, enti locali, rappresentanze dei lavoratori, continuano a dibattere, senza che all’orizzonte si intraveda uno scenario chiaro, ben delineato, rassicurante. La vicenda Ilva ha messo all’ultimo posto, sin dall’inizio, gli interessi dei cittadini e dei lavoratori, un approccio decisamente colpevole da parte dei governi nazionale e regionale». Priorità del «prossimo esecutivo - conclude Labriola - sia quella di fare chiarezza, affinché Ilva non danneggi più ambiente e salute, come invece avvenuto negli ultimi anni».