TARANTO - Ex Ilva, una certezza e ancora tante incognite. Al termine di una settimana a dir poco intensa per il capoluogo ionico e in cui il sindaco Bitetti si è dapprima dimesso (28 luglio) e poi ha fatto dietrofront (31 luglio), l’unico elemento già definito è la data della prossima riunione tra gli enti locali e il ministro Urso per la firma (ma ci sarà?) dell’Accordo di programma. Che si terrà il 12 agosto nella sede del Mimit. Per il resto, tante le incertezze.
Prima ancora, probabilmente l’11 agosto, ci sarà la seduta monotematica del Consiglio comunale di Taranto in una riunione che, pur non essendo stata ancora convocata, già si annuncia complessa da diversi punti di vista (politico, sociale e forse anche di ordine pubblico). Da qui, dunque, si parte e da oggi inizia una settimana davvero carica di attese.
il punto di partenza Ma in sintesi, riepilogando, cosa è accaduto, a Roma, nel corso dell’ultima riunione interministeriale (oltre ad Urso c’era anche il ministro dell’Ambiente, Pichetto Fratin)? Al termine del confronto, per la cronaca, è stato soltanto siglato un generico verbale che imbocca la strada della decarbonizzazione del Siderurgico, ma entro il 2032. Questo ha comunque consentito al ministro Urso di dare mandato di aggiornare il bando di gara che prevede la possibilità di inviare delle manifestazioni di interesse fino al 15 settembre. «Sarà dato un indirizzo chiaro del piano di decarbonizzazione», ha assicurato Urso che ha anche fatto cenno al costo dell’ambientalizzazione dell’ex Ilva. Che dovrebbe oscillare tra i 9,3 e i 9,7 miliardi di euro. Costi quasi totalmente da finanziare, a parte il miliardo già stanziato per finanziare Dri Italia.
le zone d’ombra Per il resto, rimangono sul tavolo le incertezze. Su tutte, quella legata alla nave rigassificatrice che il Comune non vuole assolutamente (il «no» è stato ribadito nei giorni scorsi anche in un documento sottoscritto da tutta la maggioranza) e che, invece, per il Governo resterebbe la soluzione preferita e questo anche in considerazione dei costi da sostenere per il trasporto del preridotto che alimenterà i futuri forni elettrici e anche per le difficoltà a cui, invece, si andrebbe incontro utilizzando la materia prima, che se prodotta altrove (Gioia Tauro) andrebbe prima riscaldata.
Dal canto suo, il Comune di Taranto continua a insistere sulla possibilità di costruire un solo impianto Dri a supporto di 3 forni elettrici. Si tratta di quello che ormai è stato definito come il «piano C» del Municipio, alternativo ai due proposti dal governo.
il documento dell’amministrazione L’attesa, dunque. Ce n’è molta soprattutto per il pronunciamento formale del Consiglio comunale del capoluogo ionico. Per ora, sul tavolo esiste il documento firmato da tutti i consiglieri della maggioranza che sostiene Bitetti. Che, nella sua parte finale, sostiene che l’adesione del Comune agli Accordi di Programma sarà possibile solo se verranno recepite le seguenti condizioni: «dismissione graduale ma irreversibile dell’area a caldo entro il 2030; predisposizione di un Dri per alimentazione progressiva a idrogeno verde; inizio contestuale delle bonifiche dell’area industriale; adeguamento Autorizzazione integrata ambientale (Aia) e necessità della valutazione di impatto ambientale e sanitario propedeutica ad ogni scelta; previsione di impianto di cattura di CO2; tutela delle prospettive occupazionali dei lavoratori alle dirette dipendenze dello stabilimento e di quelli dell’indotto con un piano di mappatura delle competenze e riqualificazione professionale».