Lunedì 08 Settembre 2025 | 23:08

Far West al Rione Tamburi, il mistero della pistola. Caforio: «L’ho nascosta: la consegnerò, ma non ora»

 
Alessandra Cannetiello

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Alessandra Cannetiello

Far West al Rione Tamburi, il mistero della pistola. Caforio: «L’ho nascosta: la consegnerò, ma non ora»

È lui stesso ad ammetterlo nel corso dell’interrogatorio con il gip Giovanni Caroli ed è anche per questa ragione che il magistrato ritiene il comportamento dell’indagato un’azione di vendetta

Martedì 22 Luglio 2025, 11:00

11:56

La pistola strappata dalle mani di Carmelo Nigro e con cui l’ho ucciso, ce l’ho io e la consegnerò agli investigatori, ma non subito. Michele Caforio, dopo aver disarmato e freddato il 45enne sparandogli alla testa e al torace la sera del 16 luglio alle “case parcheggio”, è fuggito con quell’arma e ne ha fatto perdere le tracce. È lui stesso ad ammetterlo nel corso dell’interrogatorio con il gip Giovanni Caroli ed è anche per questa ragione che il magistrato ritiene il comportamento dell’indagato un’azione di vendetta inserita nel contesto criminale il cui codice richiede di punire lo sgarro. «La perdurante detenzione dell’arma, sottratta al Nigro conferma che egli non è stato animato da intenti soltanto difensivi e contingenti, ma che intende stabilmente essere in grado di attentare all’altrui incolumità». Insomma conservare quell’arma, per il magistrati, è un modo per essere pronto a eventuali altri scontri.

Nell’ordinanza con la quale il gip Caroli ha confermato l’arresto in carcere del 35enne - catturato dagli uomini della Squadra mobile poche ore dopo il delitto – ha anche riconosciuto l’aggravante del metodo mafioso contestata dai pubblici ministeri Salvatore Colella della procura ionica e Milto De Nozza dell’Antimafia di Lecce che coordinano le indagini. La scelta di Caforio (difeso dagli avvocati Pasquale Blasi e Franz Pesare) di far sparire l’arma potrebbe essere un tentativo disperato di ottenere un qualche beneficio qualora decidesse di collaborare e consegnarla agli inquirenti.

Ma oltre a quelle due pistole, secondo quanto emerge dagli atti dell’inchiesta, potrebbe esserci stata, in quella folla che si scontrava, anche una terza arma, sebbene non utilizzata. I bossoli ritrovati infatti, appartengono solo a due pistole: una 7,65 e una 9x21. Della terza ne fa menzione proprio Caforio che, ignaro di essere ascoltato, racconta di essere stato inizialmente umiliato dal gruppo Nigro arrivato con due moto e tre pistole. Un confronto acceso tra questi, e in particolare Carmelo Nigro e suo fratello Pietro, entrambi uccisi a pistolettate.

Il movente di Michele Caforio, per i magistrati inquirenti, è quello di lavare l’onta dell’offesa compiuta dai Nigro che avevano sminuito il valore criminale e l’influenza del gruppo Caforio nel contesto dello spaccio delle “case parcheggio”, del quartiere Tamburi. Uno sgarro inaccettabile che si è concretizzato in una sorta di spedizione durante la quale sono volati gli insulti verso i Caforio: parole che hanno innescato le reazione e infine il tragico epilogo.

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