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Martina Franca, ritorsioni all’«infame» che lo ha fatto incarcerare: finisce a processo un 47enne

Martina Franca, ritorsioni all’«infame» che lo ha fatto incarcerare: finisce a processo un 47enne

 
alessandra cannetiello

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alessandra cannetiello

Martina, ritorsioni all’«infame»: finisce a processo un 47enne

Ha perseguitato l’uomo che l’aveva denunciato e anche la sua famiglia: nel 2020 fiamme all’auto. Le minacce via sms: «La prossima volta non sarà la macchina, ti brucerò vivo»

Lunedì 31 Marzo 2025, 13:28

MARTINA FRANCA - Entra nel vivo il processo che vede imputato il 47enne Giuseppe Zito accusato di aver perseguitato, una volta fuori dal carcere, un 49enne tarantino che secondo lui aveva commesso «l’infamità» di farlo arrestare. Per diversi anni si era accanito anche con la moglie e alcune persone vicine all’uomo: la sua prima vendetta era stata quella di mandare due uomini a bruciargli l’autovettura a Santo Stefano del 2020.

Per la procura ionica sarebbe infatti Zito il mandante del rogo che si era poi esteso anche ad altre due vetture parcheggiate lì vicino. A processo è finito anche Filippo Di Venere, 28enne che secondo gli inquirenti era stato esecutore materiale con un’altra persona mai identificata, dell’atto incendiario. Il 28enne difeso dall’avvocato Luigi Palmieri, è accusato di aver accettato in cambio di un compenso in denaro di appiccare il fuoco, assecondando quindi la richiesta di Zito. Quest’ultimo, invece, deve rispondere inoltre di stalking, ricettazione – per aver preso i pezzi dell’auto rimasti integri – e di aver violato gli obblighi di sorveglianza perché nei giorni precedenti l’incendio aveva avuto contatti frequenti con soggetti noti alle forze dell’ordine.

Nel corso della prossima udienza i testimoni portati dal pubblico ministero Francesca Colaci verranno infatti ascoltati e infine sottoposti alle domande delle parti.

A dare impulso alle indagini dei carabinieri e dei poliziotti di Martina Franca erano state le denunce della vittima: la prima presentata due giorni dopo l’incendio e l’ultima a marzo di due anni dopo. Le riprese delle videocamere di sorveglianza unito alle intercettazioni avevano poi consentito di ricollegare i due uomini.

«Se ancora esiste gente di merda che manda la polizia a casa x indagini perché gli bruciano l’auto (…) La prossima volta non sarà l’auto (…) ti brucerò vivo (…) puoi anche denunciarmi ma ricordati devi morire (…) la prossima volta sarà l’ultima te lo giuro». Sono alcune dei messaggi pubblicabili che Zito avrebbe rivolto alla vittima attraverso il profilo facebook di un familiare. Non solo frasi intimidatorie e minacce di morte, ma anche video: come quelli apparsi dall’utenza registrata a suo nome sulla piattaforma Tik Tok. Filmati dal titolo «Penso alla mia vendetta» in cui l’imputato raccontava di essersi stancato di parlare sempre del «personaggio che mi ha rovinato la vita» a causa dei «6 anni in carcere» scontati per la sua «infamità». Nei filmati visionati dagli inquirenti, più e più volte Zito avrebbe intimato al 49enne di cambiare città, avvertendolo che «faceva ancora in tempo». In un altro video ancora intitolato «Aspetterò sai che ti farò male infame» si era invece ripreso mentre sferrava pugni verso un bersaglio che doveva simboleggiare la vittima.

Intimidazioni che dal 2015 al 2022 avevano coinvolto, come detto, i familiari e la moglie dell’uomo: la donna aveva ricevuto squilli e chiamate anonime nel cuore della notte. Come quando al telefono 47enne le aveva detto «Stasera ti aspetta una bomba».

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