«Sì, mi candido a sindaco di Taranto». Mario Cito, figlio di Giancarlo già primo cittadino del capoluogo ionico e poi deputato a metà degli Anni Novanta, sceglie la Gazzetta per annunciare la sua discesa in campo. Anzi, per certificare il ritorno di quella che fu la prima tivvù-partito italiana (At6). Il tutto avviene a poco più di 40 giorni dalla presentazione delle liste per il rinnovo del Consiglio comunale e soprattutto per l’elezione del sindaco. Per Cito junior, a dire il vero, non si tratta di un debutto. Il già consigliere provinciale e comunale, infatti, ha corso diverse volte per la carica di primo cittadino, raggiungendo il ballottaggio nel 2012 (Stefàno sfiorò per un soffio la vittoria al primo turno). Da questo punto di vista, la sua esperienza più recente è del 2017, quando ottenne più del 12% dei voti finendo al terzo posto. E, sempre in quell’occasione, Antenna Taranto Sei Lega d’azione meridionale, con oltre il 10% dei consensi, fu la seconda forza politica della città alle spalle del Pd. Poi, però, alle successive elezioni amministrative (giugno 2022) il dato fu davvero misero (1,1%) e il movimento non conquistò alcun seggio in Consiglio comunale, «ma io non partecipai a quella campagna elettorale visto che ero fuori Taranto», si giustifica così lo stesso esponente di At6.
Cito, si candida a sindaco. Ma manca poco tempo, ce la farà ad organizzarsi?
«Non vorrei apparire presuntuoso ma, se volessi, farei una lista di 32 persone e raccoglierei le 350 firme necessarie in meno di una giornata. E poi, inizialmente, si pensava che si dovesse votare l’11 maggio, ma le date poi individuate dal Viminale (25 e 26 maggio, ndr), mi danno comunque più tempo per organizzarmi».
Non si misura elettoralmente da molti anni, non la preoccupa quest’aspetto?
«No. E c’è un motivo preciso. La gente, gli elettori di Taranto, conoscono il mio cognome. Tutti sanno chi è Cito».
Suo padre, però, anche nel momento più fortunato della sua attività politica ebbe tanti voti, ma anche molti avversari. Per la serie, il suo cognome non è di per sé condizione necessaria e sufficiente per ottenere automaticamente migliaia di preferenze. Non crede?
«Si può condividere o meno, ma mio padre è nella storia di Taranto. Quindi...».
Quindi, cosa?
«E, dunque, rispetto a qualche personaggio sconosciuto che vorrebbe fare il sindaco, sono di certo decisamente più conosciuto».
A chi si riferisce?
«No, nomi non ne faccio. Anche se so tutto di questa città».
Lei pensa che una parte dell’elettorato dovrebbe darle ancora fiducia in virtù del cognome che porta e in omaggio al profilo di suo padre, giusto? Ma non le sembra una visione nostalgica e quindi non di prospettiva?
«Nessuna nostalgia. Del resto, sono stato tanti anni in Consiglio comunale e provinciale e quindi conosco i problemi del nostro territorio. Dico solo, e sfido chiunque a smentirmi, che il mio cognome è molto più conosciuto di altri candidati».
Perché non schiera At6 in una coalizione, magari nel centrodestra?
«Assolutamente no. Non mi faccio inglobare e non metto i miei voti al servizio di altri. E poi, che c’entra il centrodestra?».
Beh, qualche legame c’è stato. Ricorda?
«Sono distinto e distante da entrambi gli schieramenti. Non sono certo di estrema destra anche se così qualcuno, in passato, voleva dipingermi e tantomeno non sono di estrema sinistra. At6 nacque come un movimento civico, traversale, che fu votato dai disoccupati così come dai professionisti ed è a questo mondo variegato che mi rivolgerò, riprendendo i voti miei e della famiglia Cito che, a causa della mia assenza, sono andati in libera uscita. Ma ora sono tornato e, politicamente parlando (come diceva sempre papà), darò fastidio a molti».
















