TARANTO - «Oggi sono in crisi perché ogni anno aumentano i costi delle concessioni: da 340 euro all’anno a 3700 euro per ciascuna concessione. Una crescita di oltre l’800 per cento. Io ho fatto una rateizzazione la prima volta, la seconda e ora lo devo rifare per la terza. Stiamo pensando di dichiarare fallimento».
Adriano Lippo ha 53 anni, è mitilicoltore da quando aveva 6 anni, i suoi zii d’estate lo portavano con loro sui pescherecci, ad imparare il mestiere. Poi l’ha fatto durante i periodi di vacanza dalla scuola, per dare una mano. Ora racconta di essere l’ultimo della sua famiglia ad aver scelto questo lavoro.
Adriano definisce la situazione della sua cooperativa «molto triste». La causa è il progressivo aumento dei canoni di concessione per la coltivazione delle cozze. «Noi – spiega - siamo passati da 340 euro a 3700 euro a concessione. Abbiamo 4 concessioni e se prima pagavamo quasi mille euro l’anno, ora sono passato a pagarne 13mila. Oltretutto il prodotto non si è venduto perché non abbiamo molti spazi liberi dove poter portare le cozze quando le acque si surriscaldano e ne abbiamo perso tanto». Le alte temperature registrate negli ultimi mesi, infatti, hanno causato una devastante moria di cozze a Taranto. Secondo i produttori oltre il 70 per cento del novellame è andato perso, compromettendo anche la produzione dei prossimi anni. Secondo i dati di Uila Pesca Taranto, sono oltre 400 le famiglie di mitilicoltori a rischio per quella che definiscono «una vera catastrofe ambientale e sociale».
«La nostra cooperativa, “Mitil Europa” – spiega Adriano - composta da me, i miei fratelli e nostro cugino, è nata nel 1992. Ma proveniamo da generazioni di mitilicoltori: i miei zii, i miei nonni e bisnonni vengono dal mare, hanno sempre fatto questo lavoro. Sono l’ultima pedina della storia di famiglia». Uno dei problemi del settore, secondo Adriano, è la mancanza di un ricambio generazionale. «Nessun giovane – afferma il produttore - si sta affacciando a fare questo tipo di lavoro, perché è veramente un mestiere pieno di sacrifici e non offre certezze per il futuro. Anche se veder crescere qualcosa di cui ti prendi cura quotidianamente con le tue mani, è bellissimo, manca lo stimolo giusto per andare avanti».
Secondo Adriano Lippo la tradizione della cozza tarantina non morirà con i mitilicoltori, «perché – sostiene - chi veramente produce le cozze non siamo noi, ma il mare di Taranto, con le sue proprietà. Per questo spero che la situazione si aggiusti. Ma adesso, io, come piccolo imprenditore riesco a mala pena a sopravvivere, figuriamoci se riesco a pagare un dipendente».
Il produttore sostiene che il riconoscimento del presidio Slow food non ha portato i risultati sperati. Se da un lato sono aumentate le richieste del prodotto e le regole etiche sulla produzione hanno reso i mitilicoltori più consapevoli, dall’altro non è servito per convogliare sostegni economici nei momenti difficili. «Noi – chiarisce - abbiamo bisogno di altro. Tutte le marinerie vengono sostenute dalle Regioni in caso di disastri come quello che stiamo vivendo. La Regione Puglia e il Comune di Taranto avrebbero dovuto accantonare dei fondi per aiutarci a fare fronte a queste spese che ogni anno dobbiamo sostenere. Ci sentiamo abbandonati».