Resteranno in carcere tutti gli indagati arrestati il 15 gennaio scorso dai finanzieri nel blitz «Dominio» che per la Dda di Lecce ha portato alla luce l'abbraccio tra mafia e politica a Statte. Il collegio del Riesame di Lecce ha infatti rigettato i ricorsi di tutti gli indagati e confermato le accuse formulate dal pm Milto De Nozza.
Rimarranno ancora in cella, quindi Franco Andrioli, l'ormai ex sindaco e l'ex assessore Ivan Orlando entrambi accusati di voto di scambio per aver chiesto e ottenuto il sostegno alle elezioni amministrative 2021 dal gruppo accusato di associazione mafiosa guidato dal 49enne Davide Sudoso, difeso dall'avvocato Andrea Silvestre, che operava secondo quanto documentato dai militari della Guardia di finanza di Taranto nell’ex borgata di Taranto. L’inchiesta delle fiamme gialle, guidate all’epoca dal colonnello Valerio Bovenga, ruota proprio intorno a Sudoso, indicato come il capo del clan che aveva preso il posto del gruppo di Carletto Mastrochicco e Mimmo Bello, smantellato dal blitz «Feudo».
Ieri mattina dinanzi al collegio di giudici, l'avvcoato Marseglia che difende Andrioli, aveva spiegato che il trionfo otenuto da Andrioli alle ultime amministrative non era frutto del supporto del clan, ma il risultato di una strategia politica che aveva permesso al centro sinistra di arrivare compatto al voto.
Una tesi che evidentemente non ha convinto i giudici. Bisognerà attendere le motivazioni, ma appare chiaro che il collegio abbia ritenuto più solido il quadro presentato dall'Antimafia e in particolare le intercettazioni raccolte dagli investigatori nelle quali i membri del clan commentavano la grande vittoria di Andrioli: «La novità siamo noi che siamo entrati. Ma tanto Da’ lo sapevano tutti che dietro a loro stai tu» dicono ignari di essere ascoltati. Insomma l'apporto del clan, per ammissione degli stessi indagati, è stata determinante: «Quei voti si prendono con i cristiani in mezzo alla strada».
Misura confermata anche per Marianna Simeone, anche lei ex esponente della giunta stattese, difesa dagli avvocati Marseglia e Giuseppe D'Ippolito e attualmente ai domiciliari.
Il 15 gennaio scorso, in carcere sono finiti anche Francesco Simeone, fretello dell'assessora, Luigi Scialpi, Antonio Pace, Pietro Lanza, Vito Ricciato e Antonio Paolo Nannavecchia: il gruppo avrebbe gestito il traffico di sostanze stupefacenti, anche imponendosi come fornitori esclusivi dei piccoli gruppi criminali del territorio, il racket delle estorsioni anche con riscossione crediti per conto di soggetti estranei all’associazione, e appunto il procacciamento di voti in occasione di competizioni elettorali.
Nel blitz è coinvolto anche Rocco Lucio Scalera, dirigente Amiu ià indagati nell'inchiesta per i concorsi sopetti: i suoi legali Fausto Soggia e Roberto Eustachio Sistao, però hanno rinunciato al ricorso. Infine Detenzione in cella confermata ancheper Giulio Modeo, 48enne figlio del boss «Tonino il Messicano»: a lui proprio Scalera avrebbe promesso l'assunzione all'Amiu in cambio del sostegno ad Andrioli. Un punto che il dirigente ha negato nel su interrogatorio, ma che al momento non ha avuto valenza per i giudici.