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Taranto, «la maestra condannata seminava il terrore fra i bambini»

 
Redazione Taranto

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aula di tribunale

Nelle motivazioni del giudice il profilo della docente: «Piccoli impietriti dalla paura appena metteva piede in classe»

Mercoledì 26 Luglio 2023, 13:20

TARANTO - «I comportamenti fortemente aggressivi della prevenuta creavano un clima di tensione e timore costante tale per cui i bambini si mostravano spaventati e terrorizzati, financo "immobili" e "impietriti", nel momento in cui la maestra faceva semplicemente ingresso in aula».
È quanto scrive il giudice nelle motivazioni della sentenza con la quale che a gennaio scorso ha condannato a 4 anni e 8 mesi la maestra di scuola dell’infanzia, in servizio in un istituto di Taranto e arrestata a novembre 2017 per maltrattamenti nei confronti di alcuni alunni all’epoca di età prossima ai tre anni. Nel suo dispositivo il tribunale aveva inoltre condannato la donna, difesa dall’avvocato Egidio Albanese, a risarcire le famiglie degli alunni che si erano costituite parti civili attraverso gli avvocati Leonardo La Porta, Alessandro Scapati, Gianluca Sebastio, Maurizio Besio, Angelo Casa Guglielmo De Feis e Claudio Percolla.

Nelle 74 pagine depositate alcuni giorni fa, il magistrato ha spiegato le ragioni che hanno portato alla condanna, ma soprattutto da quelle pagine è emerso il clima di terrore vissuto dai bambini in quei mesi: uno «scenario di condotte aggressive, sia fisiche che psicologiche, poste in essere da parte della maestra – scrive il giudice – che faceva ricorso sistematico all’uso della violenza, assunto quale usuale ed ordinario modo comunicativo e di contenimento della vivacità e dell'esuberanza dei minori».
Insomma la donna si rapportava ai bambini quasi esclusivamente attraverso atti violenti e le reazioni dei piccoli sono stati visibili a tutti: genitori, insegnanti, gli assistenti scolastici e la preside. Tutti hanno denunciato la vicenda alle forze dell’ordine contribuendo all’avvio delle indagini che con l’installazione delle video camere nell’aula hanno documento quelle violenze portando qualche mese dopo all’arresto della donna.

Insegnanti e genitori hanno svelato agli investigatori della Squadra mobile, coordinati dal pm Vittoria Petronella, e poi confermato in aula durante il processo che «sin dai primi giorni di scuola, degli atteggiamenti inappropriati» avevano generato reazioni inquietanti: qualcuno vomitava, qualcun altro scoppiava in lacrime appena entrava in classe. Altri urlavano o assumevano atteggiamenti aggressivi, una bambina era arrivata a nascondersi sotto il banco e dondolarsi per la paura.

Per il tribunale si è trattato di «un quadro di rinnovate e sistematiche percosse e violenze, gravi strattonamenti e spintoni, atteggiamenti aggressivi, urla e grida rivolte da parte dell'imputata in danno dei bambini». Azioni che la donna non modificava neppure «di fronte al senso di smarrimento e ai pianti sconsolati dei minori». Il testimone chiave è stata la maestra che insieme all’imputata gestiva la classe: era stata lei a tentare di far ragionare la collega, a consolare i bambini e infine a denunciare la vicenda alla dirigenza scolastica. La testimone ha raccontato in aula che più volte aveva bloccato la collega intimandole di non quegli siffatti atteggiamenti, ma non era bastato. Ha svelato che uno scolaro spesso fuggiva dall'aula e una volta, dopo essere corsa per riprenderlo era tornata in classe e si era accorta di un altro bambino seduto su una sedia che piangeva con le braccia e la testa riverse dietro «come se non riuscisse a respirare». Aveva chiesto spiegazioni alla collega, che rispondeva di essersi limitata a rimproverarlo. Tutte le volte che veniva ripresa, anche da altre colleghe, la donna negava i maltrattamenti e provava a scaricare sulle famiglie.

Una delle piccole allieve, ad esempio, non appena vedeva avvicinarsi un'insegnante poneva le braccia dinanzi al volto in segno di difesa: l’imputata si era difesa dicendo «Non vedi che famiglia è? Sicuramente prende botte dalla mamma». Non solo. «È opportuno evidenziare – ha aggiunto il magistrato - come tutta la classe abbia risentito del clima generale di sopraffazione e di angherie creato dalla condotta dell'imputata».

Anche dopo l’arresto della donna, infatti, gli insegnanti si erano accorti che i bambini non riuscivano ad avere alcun contatto tra loro: «non si abbracciavano né si parlavano – ha raccontato i testimoni in aula – anzi i bambini si rapportavano tra loro, dandosi schiaffi, morsi e pugni e manifestavano una forte rabbia». Alcuni manifestavano persino una «mania distruttiva, lanciando sedie e spaccando oggetti».
Una situazione che la scuola ha fronteggiato anche grazie al supporto degli psicologi dell’Asl: esperti e insegnanti hanno pian piano riportato la situazione alla normalità, facendo maturare nuovamente nei piccoli scolari la certezza che la scuola era ormai un luogo sicuro. «Il supporto psicologico – ha spiegato il magistrato nella sentenza - si era protratto sino ai mesi di marzo-aprile 2018 e, all’esito di tale percorso, nessun bambino si era più nascosto sotto il tavolo, si era fatto la pipì addosso o tremava alla presenza delle docenti.
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