Sabato 06 Settembre 2025 | 23:32

Omicidio di Manduria, il 21enne ucciso con «estrema spietatezza e ferocia»

 
Francesco Casula

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Francesco Casula

Omicidio manduria telecamere

Nelle telecamere di sorveglianza le immagini di due dei tre arrestati

La ricostruzione del gip Romano che ha fatto arrestare i tre presunti killer. C'era la volontà di «infierire per infliggere particolari sofferenze o tormenti»

Venerdì 03 Marzo 2023, 13:26

13:29

MANDURIA - Un’azione «spietata» ed «emblematica del contesto francamente mafioso in cui è maturato tale gravissimo crimine». È quanto scrive il gip Alessadra Rita Romano nell’ordinanza di custodia cautelare con cui ha convalidato il fermo dei tre giovani di Manduria fermati con l’accusa di essere gli autori dell’omicidio di Natale Naser Bahtijari, il 21enne trovato morto nelle campagne di Manduria nella notte tra il 22 e il 23 febbraio scorso.

Il magistrato ha infatti confermato la custodia cautelare in cella per il 19enne Vincenzo Antonio D’Amicis, il 22enne Domenico D’Oria Palma e Simone Dinoi anch’egli 22enne che, difesi dagli avvocati Armando Pasanisi, Franz Pesare e Domenico Sammarco, nell’interrogatorio di convalida hanno scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere.

Il gip Romano ha confermato in pieno il quadro ricostruito dal pm Milto De Nozza che ha coordinato le indagini della Squadra Mobile di Taranto guidata dal vice questore Cosimo Romano evidenziando la «estrema spietatezza e ferocia» nelle diverse fasi del delitto: «si pensi alle aggressioni ripetute in danno di Bahtijari Natale Naser – si legge infatti nell’ordinanza di custodia cautelare – già ferito all’interno o comunque nei pressi del bar Bunker. E nonostante ciò caricato a forza in macchina, sotto la costante minaccia della presenza dei tre indagati e del coltello detenuto dal D’Amicis, condotto per un ulteriore brutale pestaggio in un luogo isolato e ripetutamente colpito con fendenti al volto, al collo, dietro un orecchio, alla regione mandibolare».

Insomma, per la giudice, quell’accanimento andava ben oltre la volontà di uccidere: è la dimostrazione della volontà di «infierire sulla persona offesa per infliggerle particolari sofferenze o tormenti». Un vero e proprio massacro secondo quanto si legge nelle carte «per avere osato di pretendere la riscossione di denaro» di una partita di droga e per di più «nel territorio ove la famiglia Stranieri esercita da sempre la propria influenza criminale».

Non solo. Il giudice ha inoltre chiarito che le «efferate modalità» per uccidere il 21enne sono anche «un chiaro segnale da parte dello stesso D’Amicis per segnalare inequivocabilmente la sua appartenenza al clan Stranieri». Quello che il giudice definisce «l’astro nascente della famiglia Stranieri» non ha avuto alcuna paura, secondo l’accusa, a sfidare un gruppo dalla riconosciuta caratura criminale, forte evidentemente di quella del sodalizio che secondo gli inquirenti fa ancora capo a suo nonno Vincenzo Stranieri, boss indiscusso di Manduria. D’amicis, insomma, nei condivide i «valori criminali» e con quel brutale omicidio vuole affermare la sua «capacità d’intimidazione» e lanciare un messaggio agli avversari: è in grado di «neutralizzare qualsiasi forma di pressione e qualsivoglia pretesa» individuate come «affronto al prestigio criminale della famiglia». A soli 19 anni.

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