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Ex Ilva di Taranto, il decreto approvato con 78 voti, ma è scontro in aula

 
Redazione online

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Ambiente in Costituzione: primo via libera al Senato, ma c'è chi è pro e chi è contro

Il provvedimento ora passa alla Camera. Il senatore Pd Boccia: «Non c'è lavoro se non c'è salute» ma per i forzisti il provvedimento coniuga occupazione e benessere

Mercoledì 22 Febbraio 2023, 12:05

23 Febbraio 2023, 10:47

ROMA - Il Senato ha approvato con 78 voti favorevoli, 57 contrari e 7 astenuti il decreto noto anche come ex Ilva, che introduce misure urgenti per gli impianti di interesse strategico nazionale come quello di Taranto

Il decreto, varato il 5 gennaio scorso, permette di trasferire 680 milioni ad Acciaierie d’Italia (è il nome del nuovo impianto di Taranto), un prestito ponte per coprire i debiti ed evitare di portare i libri in tribunale, oltre a sostegni a favore di altre aziende strategiche. Viene quindi instaurato una sorta di scudo che impedirà, da parte dell’autorità giudiziaria, «sanzioni interdittive» che pregiudichino la «continuità dell’attività» svolta negli stabilimenti considerati di interesse strategico nazionale. Lo scudo scatterà solo se saranno eliminate «le carenze organizzative» che hanno determinato il reato.

La decisione è arrivata dopo una lunga discussione in aula che ha visto contrapporsi Pd e Forza Italia. Il senatore di Forza Italia, Pierantonio Zanettin, ha sostenuto che «Con il decreto Ilva vogliamo garantire la sopravvivenza del colosso industriale della siderurgia italiana e l’occupazione, coniugandola con la tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini di Taranto. L'attività del sito industriale è strategica per il nostro Paese. E questo può giustificare il ricorso a norme eccezionali, come quelle previste dal cosiddetto scudo penale, che derogano dai principi generali dell’ordinamento e, come tali, non potranno essere estese ad altre fattispecie. E’ evidente che al governo non ci sono irresponsabili. Si tratta in questo caso di tutelare un interesse prevalente, consentendo agli amministratori dell’Ilva di operare con serenità nel rispetto della legge». «L'auspicio - ha concluso - è che questo decreto possa contribuire anche, in maniera efficace e definitiva, a quel risanamento ambientale del sito produttivo di Taranto che è atteso da troppi anni».

Non è di questo avviso il senatore del Pd, Francesco Boccia: «Non c'è lavoro se non c'è salute, la storia dell’Ilva dimostra che quando si calpesta il diritto alla salute viene compromesso anche il diritto al lavoro. Il tema resta quindi quello della strategia industriale e quali siano i nodi da affrontare. Oggi siamo a un bivio perché molti degli impegni presi dall’azienda che non sono stati rispettati, a iniziare da quelli occupazionali».

«L'accordo di programma - ha aggiunto Boccia - serviva per riscrivere un piano industriale che tenesse conto della città di Taranto, una città che ha investito sull'acciaio green, ma prevedeva anche che la trasformazione avvenisse secondo un percorso stabilito con un impatto su salute e occupazione. Serviva proseguire su questa strada con decisione e invece questo provvedimento è stato scritto per prendere tempo senza affrontare la storia dolorosa della città e dello stabilimento». Quindi ha concluso: «La maggioranza abbia la sensibilità di aprire una discussione utile sugli emendamenti presentati dalle opposizioni che affrontano questi nodi fondamentali e strategici per una corretta riconversione». 

A sostenere con forza che «il provvedimento non metterà fine all’annosa questione dell’ex Ilva di Taranto» ma «rappresenta un primo impegno in tal senso del governo» è invece la senatrice di Fratelli d’Italia, Vita Maria Nocco. «Obiettivo immediato - dice - è garantire la stabilità degli occupati per non bloccare la produzione. Del resto, la riconversione di un’azienda è possibile soltanto se l’azienda è ancora in piedi. Per questo rispondo a chi accusa l’esecutivo di aver iniettato l'ennesimo fondo per salvare ArcelorMittal, che purtroppo i debiti ci sono. Ed è stato inoltre doveroso introdurre l'immunità penale, al fine di garantire un bilanciamento tra le esigenze di continuità produttiva e la tutela della salute e dell’ambiente. Bilanciamento che si colloca nel senso indicato dalla Costituzione e dal giudice delle leggi: è così che perseguiremo l’obiettivo del rilancio dell’industria pesante e della qualità riconosciuta all’estero dell’acciaio made in Italy, la stabilità occupazionale e, non per ultimo, la serenità che Taranto aspetta da troppo tempo». 

Anche il governatore pugliese Michele Emiliano è intervenuto sull'argomento a margine della prima tappa del roadshow ideato da Edison Next e Regione Puglia durante il quale a Bari sono stati presentati i risultati dello studio «Le opportunità di decarbonizzazione della Puglia». «Con il ministro Urso dialogo direttamente - ha aggiunto - anche il presidente del Consiglio Meloni sta seguendo questa questione direttamente. Immagino mi ascoltino, ma sono molto cauto perché l’unico premier che ha dato una svolta vera al processo di decarbonizzazione e alla realizzazione della hydrogen valley in Puglia è stato Draghi». «Evidentemente - ha spiegato Emiliano - in questo governo, che pure era all’opposizione di Draghi, c'è moltissimo del precedente esecutivo. Mi auguro che questa determinazione del ministro Urso e della premier Meloni, al di là della posizioni ideologiche, sia autentica». 

Associazione Indotto Acciaierie d'Italia: «Tutelare metalmeccanica locale»

«In attesa che si facciano i dovuti investimenti su altri settori, è fondamentale non abbandonare la strada della metalmeccanica tarantina che rappresenta al momento, con i suoi 300 milioni di euro, una buona percentuale del Pil della Puglia. Lo stesso Pil di cui il governatore Emiliano ha annunciato la crescita, nel primo semestre del 2022, di più del doppio della media italiana». Lo sottolinea Fabio Greco, presidente dell’associazione 'Indotto Acciaierie d’Italia e General industries (Aigi), nata da una scissione in Confindustria Taranto.

«Bene i pagamenti dei debiti», aggiunge in merito al decreto che destina all’ex Ilva 680 milioni di euro per far fronte alla crisi di liquidità, «ma - aggiunge Greco - bisogna tornare a produrre; la cassa integrazione costa e non garantisce futuro né alle 3.700 famiglie coinvolte né al resto del territorio, che rischia, a catena, un impoverimento senza fine. L’associazione Aigi è a favore di una fabbrica ambientalizzata e degli investimenti necessari a renderla tale: ma ci vorrà tempo, noi nel frattempo non possiamo vivere in una situazione di perenne emergenza». Secondo Greco, «le due attività, quella di ambientalizzare gradualmente la fabbrica e di continuare a produrre, devono essere parallele. Al ministro Urso chiediamo di prendere in considerazione di inserire i crediti riconosciuti come privilegiati e garantiti in attesa della transizione. È necessario fare - conclude - un tavolo tecnico con tutti gli attori coinvolti: abbiamo bisogno di pianificare, progettare e soprattutto di concretizzare».

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