TARANTO - È diventata definitiva la condanna all’ergastolo per Pasquale Lippo, 42enne tarantino autore dell’omicidio di Mario Reale, il 54enne tarantino freddato con 11 proiettili la sera del 25 maggio 2016 al quartiere Tamburi. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione al termine dell’ultimo grado di giudizio. Il verdetto irrevocabile si aggiunge a quello che aveva definitivamente condannato a 30 anni di reclusione Giovanni Lupoli, 32enne accusato di essere complice di Lippo: Lupoli, però, aveva scelto di essere giudicato con il rito abbreviato (quando ancora le norme lo consentivano a coloro che erano accusati di omicidio volontario aggravato) e ha quindi evitato la condanna al carcere a vita.
Le indagini dei poliziotti della Squadra mobile partirono dalle «confessioni» di Nicola Galeanno, il 43enne tarantino accusato di aver conservato l’arsenale di armi oltre che di una brutale aggressione ai danni di un pusher: mentre era in carcere per altre vicende, infatti, Galeanno svelò durante i colloqui con i suoi familiari le cause e le dinamiche dell’omicidio di Reale. Il 43enne indicò, ignaro di essere intercettato, proprio in Lippo e Lupoli gli autori dell’omicidio. Gli investigatori ricostruirono così il contesto in cui era maturato il delitto: Reale sarebbe morto perché pretendeva la restituzione di 29mila euro da Lippo e Lupoli. Un debito maturato verosimilmente per attività illegali e che Reale aveva richiesto a Lippo anche con l’intervento del boss Nico Pascali. Il piano di Lippo, quindi, per i poliziotti della sezione Criminalità organizzata della Squadra mobile, era stato pensato con largo anticipo, ma dopo l’intromissione di Pascali avrebbe costretto Lippo ad accelerare la sua esecuzione. Tra le intercettazioni raccolte dagli investigatori ce ne sono state alcune che all’epoca delle indagini, apparvero al pubblico ministero Giorgia Villa, particolarmente significative: Galeanno disse infatti a uno dei parenti che lo visitò in carcere «Lo sapevi che Mariella (nome criptico per indicare Lippo secondo gli inquirenti, ndr) doveva dare 29 mila euro a... a quello che hanno ucciso sui Tamburi! e che quello... Nico Pascali era andato sotto la finestra e… è andato a minacciarlo come una cosa… valli a dare, vai a dare i soldi a quello… e poi, dopo tre giorni, è successo il fatto a quello, hai capito?».
Parole che sono poi state riscontrate da una serie di altri elementi e hanno permesso all’accusa di costruire in modo granitico l’accusa nei confronti dei due: un impianto accusatorio evidentemente solido al punto da reggere in tutti e tre i gradi di giudizio.
Ma dall’inchiesta emerse anche la terribile spedizione punitiva di Lippo e dello stesso Galeanno contro uno spacciatore di Paolo VI che dopo essere stato fu picchiato selvaggiamente, costretto a ingoiare proiettili, minacciato e sequestrato arrivò in ospedale sostenendo di essere caduto dallo scooter. Quel 26 agosto 2016, l’uomo fu preso con la forza e condotto nell’appartamento di Galeanno: dopo aver chiuso la porta a chiave questi e Lippo avrebbero iniziato a colpirlo con il calcio delle armi che conservava in casa e infine, per costringerlo a comprare la droga da loro, gli avrebbero addirittura fatto ingoiare i proiettili delle armi.
Involontariamente, Galeanno svelò anche della guerra tra Lippo e i fratelli Scarcia che in una notte si sfidarono a colpi di esplosivi e fucilate. Per lui il procedimento penale si è concluso con la condanna definitiva a 8 anni e 8 mesi di reclusione.