TARANTO - Tre condanne, tre rinvii a giudizio e una raffica infinita di patteggiamenti: sono le richieste avanzate dal pubblico ministero Mariano Buccoliero nei confronti delle 46 persone coinvolte a vario titolo nell’inchiesta sul disastro ambientale causato al mare di Taranto a causa della pesca illegale di datteri.
Il pm Buccoliero, al termine della sua requisitoria, ha chiesto la condanna a 3 anni e 8 mesi per gli unici imputati che finora hanno optato per il rito abbreviato: si tratta di Fabio Delli Noci, difeso dall’avvocata Patrizia Boccuni, di Vincenzo Galeone e di Emanuele Delli Noci assistito dall’avvocato Filiberto Catapano Minotti. Le richieste di abbreviato, tuttavia potrebbero anche arrivare nella prossima udienza.
La maggior parte degli imputati, invece, ha scelto di patteggiare la pena: ieri sono state numerose quelle presentata al giudice Francesco Maccagnano dopo il via libera della procura. All’attenzione del giudice, inoltre, ci sono anche alcune richieste di messa alla prova.
Per 5 dei 46 imputati il pm Buccoliero ha contestato il reato di associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale perché ritenuti parte di un’organizzazione che pescava e smerciava i frutti di mare dopo aver distrutto scogliere e frangiflutti nelle acque tra San Vito e Punta Rondinella a Taranto. Al vertice del gruppo, secondo l’accusa, con il ruolo di promotore e organizzazione dell’associazione ci sarebbe il 50enne tarantino Cataldo Resta mentre ai suoi ordini, come semplici partecipanti al sodalizio, ci sarebbero il 49enne Giuseppe Bellacicco difeso dall’avvocato Fabrizio Lamanna, il 64enne Gustavo Mancini assistito dall’avvocato Massimiliano Scavo, il 32enne Giorgio Venneri e infine la 58enne Giuseppina Zonile.
Nei loro confronti l’accusa di aver costituito un gruppo che «a fini commerciali» avrebbe proceduto a «estrazione e commercializzazione» dei datteri, specie protetta di cui è vietata la pesca e quindi anche la vendita. Il gruppo lo avrebbe fatto «attraverso la demolizione delle scogliere frangiflutti in località San Vito a Taranto» e avrebbe generato «un grave danno alla biodiversità presente nel tratto di mare interessato». Per il pubblico ministero Buccoliero, però, la distruzione degli scogli in cui lentamente faticosamente crescono i datteri non è un danno di poco conto: per il magistrato inquirente che ha coordinato l’inchiesta dei militari della Capitaneria di Porto di Taranto, si tratta di una «alterazione grave ed irreversibile dell’ecosistema marino». Non solo. Le operazioni di demolizione e pesca sono avvenute anche in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico.
L’accusa di disastro ambientale è contestata anche ad altri sei imputati, tutti tarantini: si tratta di Antonio Volpe di 52 anni, Vincenzo Galeone, del 58enne Domenico Alpino, Emanuele e Fabio Dellinoci. Sono ben 35 invece, gli imputati accusati di ricettazione per acquistato ricevuto i datteri e tra questi anche ristoratori.
Nella prossima udienza, la parola passerà al collegio difensivo composto tra gli altra anche dagli avvocati Alessandro Scapati, Francesco Nevoli, Leonardo La Porta, Enzo Sapia, Egidio Albanese, Andrea Maggio, Antonio Santoro e Giuseppe Lecce poi il giudice si ritirerà in camera di consiglio per emettere il verdetto.