TARANTO - Colpo di scena nel processo di secondo grado per la tangentopoli nella Marina militare. L’accusa, con il sostituto procuratore generale Lorenzo Nicastro, ha avanzato una serie di richieste per ridurre l’entità della pena e in generale per modificare la sentenza di primo grado. Riqualificazione del reato, attenuanti generiche per tutti gli imputati e diverse richieste di assoluzione per una serie di accuse. Sono in estrema sintesi le principali richieste del magistrato alla Corte d’appello di Taranto che dovrà decidere sui ricorsi presentati dagli imputati dopo la sentenza che a settembre 2020 condannò 9 persone con pene che variavano da un minimo di 1 anno di reclusione a un massimo di 10 anni.
La pena maggiore fu inflitta a Giovanni Di Guardo, ex direttore di Maricommi, accusato di essere il fulcro della «nuova tangentopoli con le stellette»: Di Guardo, infatti, era stato individuato dallo Stato Maggiore come nuovo responsabile del Commissariato della Marina, dopo che una prima inchiesta giudiziaria aveva svelato il giro di tangenti e portato all’arresto di una serie di ufficiali, sottufficiali e imprenditori. Di Guardo, quindi, doveva essere il militare integerrimo scelto dallo Stato per rimettere ordine negli appalti e cancellare lo scandalo che stava imbarazzando la forza armata e invece, il comandante, secondo le accuse, aveva trascinato la Marina in una storia ben più imbarazzante. Secondo quanto emerso dalle indagini, infatti, ancora prima del suo arrivo alla base di Taranto aveva costruito una sorta di «cerchio magico»: pochi imprenditori estremamente fidati con i quali spartirsi i fondi stanziati dallo Stato per gli appalti nella base di Taranto. Un sistema che gli inquirenti ha ribattezzato «del 10 percento era quella infatti, secondo l’accusa, la tangente che ogni ditta aggiudicataria doveva versare a Di Guardo.
Nell’udienza di ieri, però, il pg Nicastro ha chiarito che le accuse in alcuni casi sono generiche e non adeguatamente riscontrate. Ed è per questo, ad esempio, che l’accusa ha chiesto la piena assoluzione nei confronti di Massimo Conversano, ufficiale della Marina condannato a 1 anno e 4 mesi in primo grado: l’accusa, in sostanza lo ha ritenuto completamente estraneo alle vicende ricostruite durante le indagini. Non solo. Pur non avendo quantificato la pena per ciascuno degli imputati, il magistrato ha chiesto di rivedere la sentenza per molti. Come Corina Boicea, compagna di Di Guardo, e condannata in primo grado come parte della presunta associazione a delinquere capeggiata proprio dall’ex direttore. E poi assoluzione dal reato di associazione a delinquere per gli imprenditori Giuseppe Musciacchio e Vincenzo Calabrese.
L’associazione, secondo Nicastro, raccoglieva tra le persone attualmente a processo solo Di Guardo e il dipendente civile Marcello Martire. Il pg Nicastro, inoltre, ha chiesto l’assoluzione dal reato di corruzione nei confronti di Francesca Mola, la ex tenente di Vascello della Marina: la donna, se fosse accettata la richiesta dell’accusa dovrebbe quindi essere giudicata esclusivamente per l’accusa di aver truccato una gara d’appalto da 11 milioni di euro. Per tutti inoltre, l’accusa ha chiesto la riqualificazione del reato di «corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio» in «corruzione per l’esercizio della funzione»: una differenza non di poco conto visto che il primo è punito con una pena da 6 a 10 anni e il secondo con una pena da 3 a 8 anni. L’unica richiesta di conferma della sentenza di primo grado è stata depositata nei confronti di Massimo Grisi, ufficiale militare condannato a 1 anno e 8 mesi. Nelle prossime udienze la parola passerà al collegio difensivo e poi la corte dovrà emettere il suo verdetto.