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Taranto, accoglienza migranti: la Procura accende i fari

Taranto, accoglienza migranti: la Procura accende i fari

 
Mimmo Mazza

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Mimmo Mazza

migranti a taranto

Chiuse due inchieste sulla gestione dei centri di accoglienza a Taranto e provincia: chiesto il giudizio per 3 persone

Lunedì 19 Novembre 2018, 09:40

TARANTO - La Procura accende i riflettori sull'accoglienza dei migranti in provincia di Taranto, chiedendo il rinvio a giudizio per due vicende venute a galla a seguito delle indagini svolte dagli agenti della Squadra Mobile e dai carabinieri del Nas.
Il primo episodio riguarda la società cooperativa sociale «Indaco Service» e concerne una inchiesta condotta dal sostituto procuratore Daniela Putignano per un episodio che si sarebbe verificato nel 2016 e che è stato poi approfondito con gli accertamenti svolti dai carabinieri del Nas anche a seguito dei verbali delle ispezioni compiute dalla Asl di Taranto e da due cruciali testimonianze.

A rischiare il rinvio a giudizio con l'accusa di turbata libertà degli incanti, falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative e falsità materiale commessa dal privato è il 44enne tarantino Antonio Damiano Milella, già noto alle forze dell'ordine. Milella all'epoca dei fatti era il legale rappresentante della società cooperativa «Indaco service» e secondo l'accusa con mezzi fraudolenti consistiti nell'aver depositato – nell'ambito di una procedura avviata dalla prefettura tramite avviso pubblico per individuare più operatori economici per l'affidamento, mediante sottoscrizione di un accordo quadro, del servizio di temporanea accoglienza di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale – una falsa asseverazione e una falsa certificazione amministrativa di agibilità, attestanti la sussistenza dei requisiti necessari per partecipare e successivamente conseguire l'aggiudicazione, alterando così il regolare funzionamento della gara in questione, all'esito della quale il 19 dicembre del 2016 la prefettura di Taranto stipulava con la «Indaco service» la convenzione per la messa a disposizione di posti straordinari per la prima accoglienza dei cittadini stranieri temporaneamente presenti sul territorio. I documenti falsi avrebbero riguardato, in particolare, la struttura «Convento Santa Maria Galeso» circa il possesso dei requisiti previsti dal bando della prefettura in materia di urbanistica, edilizia, prevenzione incendi, igiene e sicurezza oltre che la stessa agibilità del fabbricato. Il tecnico firmatario ha confermato agli inquirenti di non aver mai sottoscritto quei documenti e ora dinanzi al giudice per le indagini preliminari, assieme al ministero degli Interni, avrà la possibilità di costituirsi parte civile. Il 26 giugno del 2017, peraltro, la prefettura di Taranto risolse la convenzione stipulata con la «Indaco service» per grave inadempimento contrattuale. Milella è difeso dall'avvocato Fabio Checchia.

L'altra vicenda, non meno delicata, riguarda invece la struttura Spar del comune di Massafra. Per questo fascicolo, del quale sono titolari i pubblici ministeri Rosalba Lopalco e Daniela Putignano, risultano imputati il direttore della Caritas Diocesana don Nino Borsci, anche presidente dell'associazione «Un mondo di colori onlus» e Domenico Perillo, direttore dello Sprar di Massafra. A entrambi viene contestata l'accusa di peculato in concorso in quanto si sarebbero appropriati della somma complessiva di 107mila euro, oggetto di trasferimento da parte del Comune di Massafra, soldi per i quali secondo la Procura la documentazione giustificativa è mancante o inidonea (per un parziale di poco più di 97mila euro) e inoltre l'uscita non è coerente rispetto alle finalità del progetto «Motus Animi» (per altri 9.400 euro). Il solo Perillo, inoltre, è imputato per maltrattamenti, lesioni e minacce nei confronti di alcuni ospiti della struttura in quanto avrebbe tenuto la stessa in condizioni igieniche inadeguate, avrebbe costretto gli ospiti a provvedere alla pulizia, avrebbe negato agli stessi capi di abbigliamento, somministrando loro un vitto «scarso e monotono», senza tener conto dei problemi di salute, alimentari e religiosi di taluni di loro, omettendo la fornitura delle previste ricariche telefoniche. Un ospite, inoltre, avrebbe subito lesioni giudicate guaribili in 15 giorni e un altro in 5 giorni, minacciando uno dei due, senza riuscirsi, per ritirare la denuncia presentata nei suoi confronti. La Procura anche per questa vicenda, i cui fatti risalgono al 2014, ha chiesto la celebrazione di un processo. I due imputati sono difesi dagli avvocati Raffaele Errico e Pasquale Lisco.

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