BARI - Raffaello Volpe ha 56 anni e circa 18 anni fa ha deciso di cambiare radicalmente la propria vita. Ha venduto casa, ha lasciato il suo lavoro e si è trasferito in barca. Una passione, quella per il mare e per le imbarcazioni, che ha contraddistinto da sempre la sua vita, sin dalla tenera età.
Raffaello, di cosa ti occupavi prima di questo radicale cambiamento di vita?
«Ho svolto diversi lavoretti. Prima lavoravo in un concessionario di moto, poi in un’agenzia investigativa. Guadagnavo bene, molto di più rispetto ad oggi, ma di sicuro adesso vivo molto meglio. Ad un certo punto ho capito che la vita cosiddetta “normale” non faceva per me».
E quindi oggi in che modo ti sostenti?
«Ho trasformato la mia passione nel mio lavoro. Durante la bella stagione, infatti, da maggio a ottobre mi sposto con la mia barca in Grecia e organizzo attività ed escursioni. In inverno, invece, vivo nel porto di Bari e lavoro come manutentore di barche. Spesso però mi sposto in Montenegro e in Grecia per dei trasferimenti. Ho fatto questa scelta per vivere meglio e ne ho guadagnato in salute. Oggi sono molto più sereno ed è per me la cosa più importante».
Come si vive in barca?
«Molto bene e in maniera dinamica. La sveglia suona alle 7. Faccio colazione e svolgo alcuni lavoretti lasciati in sospeso. Se non ho nulla da fare, mi dedico alla pesca. Getto la nassa da pesca, che è un tipo di rete, e vedo cosa riesco a prendere. Poi organizzo cene con gli amici a base di pesce. E poi, cosa più importante, trascorro del tempo con mia figlia che ha 12 anni. Lei è stata concepita in barca e ha vissuto sul mare per un anno. Poi, dopo la separazione, lei e la mamma sono andate via, ma ancora oggi viene a trovarmi e ci divertiamo insieme».
Come è stata accolta 18 anni fa questa tua decisione dalle persone che ti stavano vicino?
«Molto male, veramente. Me ne hanno dette di tutti i colori, soprattutto la mia famiglia, che ha cercato in tutti i modi di farmi cambiare idea. Ma ho deciso di proseguire lungo la mia strada e oggi ne sono davvero felice. Molti pensano che la vita in barca sia difficile e penalizzante, in realtà ho tutte le comodità: ho due bagni con doccia, il riscaldamento, l’acqua calda e la tv. Inoltre, sono autonomo anche dal punto di vista energetico, perché ho dei pannelli solari che mi permettono di potermi allontanare dal porto per qualche giorno e gettare l’ancora in baiette e conche meravigliose».
Il tuo rapporto con il mare?
«E’ un legame profondo. Non mi manca la terraferma, anzi quando trascorro troppo tempo attraccato al porto, poi sento la necessità del mare aperto, perché mi fa sentire bene. Qui molta gente considera la barca un mezzo quasi ludico, da utilizzare principalmente in estate. Nel Nord Europa, dove fa molto più freddo, ci sono tantissime famiglie che vivono in barca, perché lì questo mezzo viene considerato come qualcosa di più».
Dove vedi il tuo futuro?
«Sempre qui, tra le onde del mare. La vecchiaia arriva e arriva per tutti. So che fra qualche anno mi sarà difficile navigare come faccio adesso perché per fare gli ormeggi ci vuole davvero molta forza fisica. Ma fino ad allora ho deciso di godermi appieno questi anni».
Vivere in barca è per tutti o per pochi?
«Vivere in barca non è per tutti, bisogna avere la giusta dose di passione e soprattutto bisogna essere consapevoli delle difficoltà che si devono affrontare. Se sei una persona che ha bisogno di un armadio a quattro ante per mettere vestiti e scarpe, vuol dire che non è un ambiente adatto a te».
Cosa vorresti dire ai giovani di oggi?
«Direi loro che la qualità della vita è la cosa più importante. I soldi sono utili, certamente, ma non si può e non si deve vivere solo per questo. In quest’epoca così difficile bisogna comprendere che vivere bene, stare bene con se stessi, fare quello che più si ama, rappresenta la vera felicità».