Dietro una tra le prime fotografe italiane e del mondo, c’è una storia misteriosa. È quella di Tina Modotti, nata a Udine nel 1896 e deceduta in circostanze poco chiare a Città del Messico nel 1942. Alla sua attività di fotografa ha affiancato per lungo tempo quella di attivista. In entrambe queste attività ha messo tutta sé stessa, fino alla fine. Lo racconta «Tina Modotti. Maestra della fotografia», il documentario scritto da Clarissa Montilla, Alessio Guerrini e Dario Marani che firma anche la regia, prodotto da Fish Eye in collaborazione con Rai Cultura, in onda oggi alle 19.25 su Rai 5.
Emigrata giovanissima in California, con la famiglia, in giovane età, dopo essersi dedicata anche al cinema muto, agli albori di Hollywood, si trasferisce in Messico, prima per seguire il marito e poi per restare con il suo compagno, il fotografo Edward Weston, nel 1923. Da questo momento in poi, per circa 20 anni, il legame tra Tina Modotti e il Messico non si scioglierà mai più: elegge questa come sua nuova Patria, non solo fisica, ma anche fotografica, e lega il suo destino privato e professionale a figure preminenti quali Frida Kahlo e Diego Rivera. Si iscrive al Partito Comunista Messicano e abbraccia la militanza femminista e comunista. Ed è attraverso gli occhi di un sentire politico, che Modotti scatta le sue foto più importanti, che vedono ritratta la classe operaia e contadina del Messico. La sua fotografia - esaltata, fin dai primi anni della sua attività - da colleghi e critici è esteticamente impeccabile e vi prevale una ideologia ben definita: i simboli del lavoro, del popolo e del suo riscatto, mani di operai, manifestazioni politiche e sindacali.