BARI - Un blu profondo, svolazzo di diomedee, cime di pini scosse dal vento adriatico. Potremmo immaginarlo lì, seduto su uno scoglio della “sue” Tremiti: Lucio Dalla ha amato le isole pugliesi da sempre. Le frequentava già negli anni Settanta, quando la Puglia non era la meta-boom del turismo e quando arrivarvi significava attraversare una terra dall’anima languida, cinta da un mare azzurro cobalto che ancora oggi mette i brividi, tanto è profondo, limpido, imponente.
E infatti, «Com’è profondo il mare» è una delle canzoni che pare sia nata qui, tra San Domino e San Nicola, tra quegli isolotti che visti dal mare pare che galleggino, liquidi anch’essi. Lucio passeggiava o restava chiuso in villa. Lucio arrivava alla Punta del Diamante. Lucio e il suo studio di registra- zione sull’arcipelago pugliese. Sono tante le storie, tante le leggende che ancora continuano. Abbondano le no- tizie sulla sua casa venduta o data in affitto, sul gozzo che amava guardare, sui pescatori che aveva conosciuto.
Quel pesce che il mare protegge – di cui parla in questa canzone - probabilmente era frutto di una di queste conversazioni; e chissà quel «stanno uccidendo il mare», quella profezia che era intinta di libertà e non solo di natura. Anche «4 marzo 1943» fu pensata alle isole Tremiti. La canzone con cui Dalla partecipò al Festival di Sanremo nel 1971 classificandosi terzo e che fu poi seguita l’anno successivo da «Piazza Grande», dedicata ai senza- tetto. Oggi Lucio avrebbe scritto an- che dei migranti, degli «schiavi» del Terzo Millennio sui quali perpetriamo ingiustizie. Temi sui quali si è espres...