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L’autocritica degli adulti e la ragione della gioventù

 
giuse alemanno

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giuse alemanno

L’autocritica degli adulti e la ragione della gioventù

L’indulgenza in risposta all’esasperazione

Domenica 05 Gennaio 2025, 14:31

Vita e prerogative spesso mi portano al confronto con individui eterogenei, sovente disarmonici alla mia età anagrafica. Questo mi permette di confrontare varie dinamiche di linguaggio. Escludendo ‘migliore’ e ‘peggiore’ - definizioni da reduce di non si sa cosa, maleodoranti di moralismo - posso solo dire che i vari modelli espressivi non sono solo rivelatori generazionali, ma sono anche indicatori di una crisi. Lo intuì Pier Paolo Pasolini che, in un suo articolo per Il Giovedì, pubblicato nel febbraio del 1953, scrisse: «Possiamo dire che la crisi dell’uomo contemporaneo ha avuto, nella lingua, effetti espressionistici, di violenza… sì che dietro l’inquietudine specificatamente religiosa di questo periodo sussiste una più estesa inquietudine umana concretata in una intera cultura. (…) Oggi invece una grave frattura sembra incrinare la continuità tra quell’ieri così recente e il periodo in atto: nei più giovani quella cultura cui si accennava, si è fatta lontana, inattiva, e la lingua letteraria persiste a ripetere schemi dotati di una libertà già scontata dalle generazioni precedenti».

Considero Pasolini uno spartiacque della cultura italiana: come i grandissimi, tutto ciò che è venuto dopo di lui ha dovuto confrontarsi con la sua influenza. Le capacità di interpretare sia il presente che il futuro, gli donarono preveggenza, caratteristica da profeta più che da insuperato produttore di eclettici elaborati culturali. Quindi, ponendo attenzione alle parole dei nostri ragazzi, quelle che modulano dai cantanti neomelodici, dagli agitati artisti trap, dall’underground delle nostre città ammalate, dai dialetti aspri di paese tolti al fascino del “buon ricordo”, troveremo gli effetti di ciò che le generazioni precedenti hanno provocato sull’attuale.

C’è un piccolo dettaglio, però, che non deve essere trascurato: verrà da questi ragazzi dalla canna facile, dal pippotto espresso, dall’anfetamina a colazione, dalla fame chimica alla buonora, dal bullismo condiviso e dal sessismo sbandierato, il sindaco di Taranto del 2050, il futuro presidente della Corte d’Appello, il chirurgo a cui affideremo la nostra vita, l’arcivescovo a cui consegneremo le nostre anime di peccatori e l’Oss destinataria dei nostri ultimi pensieri lubrici. Quindi è meglio essere indulgenti con i nostri ragazzi, anche quando ci esasperano. Anche quando si esprimono male. Anche quando sbagliano. Anche quando preferiscono Tony Effe ai King Crimson. Soprattutto amarli quando ci disprezzano. Perché, se ci è rimasto un briciolo di autocritica, dovremmo pensare che hanno ragione.

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