Se il semaforo è verde, vuol dire che il sipario è calato. Se è rosso, sta per aprirsi e questo è il segnale della chiamata in scena per un’artista di strada che è possibile incrociare ogni giorno, anzi, ogni sera, percorrendo la circonvallazione che collega come in un anello ideale i viali che sfociano l’uno nell’altro sino alla rotatoria che fa da incipit alla città di Lecce. L’artista in questione si chiama Chiara e qualunque sia il clima, con la pioggia oppure con il vento, a ciel sereno oppure no, col traffico intasato o in quelle serate tranquille a scorrimento veloce, lei è lì.
Due piccoli chignon raccolti da elastici colorati, un paio di occhiali a cerchiare occhi vispi e attenti a cogliere il guizzo negli sguardi degli automobilisti che non sono Kerouac e neanche il suo compagno di viaggio Cassidy, del resto questo viale non è nessuno di quelli mappati dentro “On the road”, ma è comunque una strada, di certo nobilitata dalla sua presenza, anzi, dalla sua essenza. Sì, perché di un’essenza si tratta. Me ne sono accorta la prima volta che mi è capitato di fare caso al suo sorriso, mai scoraggiato, mai risucchiato da tutto quel rumore che le sciama attorno di continuo, senza tregua. E, tutto sommato, questo è chiamato a fare un vero, umile, alchimista della vita: trasformare il rumore di fondo in musica. La sua personalissima musica, redistribuita a beneficio di tutti.
A ben pensarci, l’artista di strada ha lo stesso valore di un albero, trasfigura l’aria intorno, la pulisce, la rende respirabile, attraversa il tempo senza subirlo mai. Equilibristi, funamboli, saltimbanchi, giocolieri, acrobati, impalpabili esseri umani che restano in equilibrio sullo squilibrio di tutti gli anonimi passeggeri, di tutti quelli che gli passano accanto e che un momento dopo li dimenticano, li archiviano in un faldone della memoria breve dove finiscono tutte quelle piccole meraviglie quotidiane alle quali non sempre riusciamo a dare la giusta importanza. Perché questo può succedere a chiunque: restare al di qua degli occhi, al di qua delle orecchie, non vedere, non sentire, non cogliere, mancare la percezione sottile, stagnare nel difetto di sentimento. Allora, chissà, forse anche a questo servono gli artisti di strada che come Chiara hanno il coraggio, non di meno, di prepararsi per conquistare in una manciata di istanti un pubblico che non ha per definizione il tempo di fermarsi o soffermarsi. In mezzo a quel pubblico, certe sere ci sono anch’io.