Sabato 06 Settembre 2025 | 23:21

Mistero e fascino dei dolmen nostrani

 
Omar Di Monopoli

Reporter:

Omar Di Monopoli

Gravina di Statte Dolmen di San Giovanni della Masseria

Dolmen di San Giovanni della Masseria

Uno dei più significativi esemplari si erge nel sottobosco limitrofo alla gravina di Statte

Domenica 27 Novembre 2022, 15:32

I dolmen (dal bretone tol, «piatto», «largo» e men, «pietra») sono edificazioni megalitiche dall’origine velata di mistero, con tutta probabilità afferenti a riti funerari della preistoria. Costituiscono un patrimonio preziosissimo per gli amanti dell’archeologia, un bene di cui la nostra regione è, vivaddio, ricchissima, al punto da contendere alla Bretagna, alla Scozia e alla Sardegna il primato europeo di area con la maggiore concentrazione di questo genere di siti primevi. Questi, assieme ai similari menhir (dal bretone men, «pietra» e hir, «lungo»), sono prevalentemente localizzati in tre zone: la fascia costiera barese, il Salento e il nostro nord tarantino.

Uno dei più significativi esemplari di megalite ionico è ubicato nei pressi della masseria Leucaspide, il cosiddetto «Dolmen di San Giovanni della Masseria», che si erge nel sottobosco limitrofo alla gravina di Statte, giovane comune formatosi nel 1993 in seguito al distaccamento di parte del territorio del Comune di Taranto. Lo si incontra lungo una strada interna che da Massafra conduce a Taranto (non agevolmente, la verzura soffoca le indicazioni) dopo la masseria Accetta Grande, imboccando sentieri immersi nel verde. È meglio farsi accompagnare da una guida, l’erba è ovunque e il tragitto disarmonico, ma una volta approdati a una radura di pini, l’emozione è tanta giacché il dolmen - tetragono, solenne, ticchiolato d’eternità - si mostra in tutto il suo granitico splendore: la mente allora non può impedirsi un salto nel passato, richiamando istantanee di anonimi progenitori che circa 4000 anni fa sistemavano quelle pietre per celebrare, forse, i loro morti. Il lastrone orizzontale lungo circa tre metri e largo due poggia da un lato su due monoliti verticali e dall’altro su uno soltanto.

Il lato opposto all’imboccatura è parzialmente occluso da un’altra grossa pietra. Restano tracce di ciò che doveva essere un corridoio di ingresso alla camera di questo monumento (secondo per importanza solo a quello di Bisceglie) delimitato da selci di dimensioni più piccole poste ai suoi lati. Si nota la sottrazione, opera dei soliti incivili, di alcune pietre rispetto a immagini meno recenti e mancano, inoltre, i lastroni che fungevano da pavimento della camera, descritti con precisione subito dopo la scoperta del monumento megalitico nel 1884. Le ipotesi sulla funzione di questi strani fabbricati sono diverse. La scienza ritiene che essenzialmente si trattassero di camere di sepoltura e alcuni studiosi pensano che il lastrone orizzontale potesse fungere anche da altare per i sacrifici e il culto dei morti, ipotesi accreditata dalla presenza su alcune pietre di scanalature utili a far defluire i liquidi. Sia come sia, al cospetto della muta imponenza di questi reperti arcani il rumore di fondo del presente sembra, per un attimo, ammutolirsi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)