La tensione è alta, perché in passato sono volate accuse pesanti verso la Regione accusata di «privilegiare» Bari e Brindisi a scapito degli altri due scali pugliesi. Ma Giannini, come di consueto, garantisce ampiezza di vedute: «Avevo promesso questo incontro - dice -: faremo una discussione obiettiva e serena, senza pregiudiziali, partendo dal contesto esistente. Dobbiamo valutare tutti i dati e tutti gli elementi».
Gli elementi sono questi. Nel Piano regionale dei trasporti (approvato all’unanimità), Grottaglie è indicato come scalo cargo, una destinazione che dovrebbe essere confermata anche nel Piano nazionale degli aeroporti cui sta lavorando il governo. La scorsa settimana il ministro Maurizio Lupi ha speso parole di apprezzamento per la Puglia, unica Regione ad avere lo stesso gestore aeroportuale per tutti gli scali. Ma ha allo stesso tempo ribadito la necessità di razionalizzare il settore, che si traduce con lo stop ai finanziamenti a pioggia: lo Stato garantirà lo sviluppo degli scali ritenuti strategici, e tutti gli altri - eventualmente - dovranno cercare le risorse attraverso gli enti locali.
Un modo per chiudere i piccoli aeroporti? Probabilmente. Ma nel caso di Grottaglie, si tratta innanzitutto di capire la vocazione dello scalo. All’«Arlotta» A dicembre 2006 è stata completata la nuova piattaforma logistica con la pista da 3.200 metri a servizio dello stabilimento Alenia, di fatto l’unico cliente dello scalo: qui atterrano infatti i 747 cargo che trasportano fusoliere e piani di coda dei nuovi Boeing 787. Non ci sono altri movimenti, anche se più volte è stato tentato l’esperimento dei charter estivi. E così l’aeroporto è a tutti gli effetti chiuso al traffico, nonostante le decine di milioni di euro spesi finora per gli adeguamenti infrastrutturali.
Enti locali ed associazioni chiedono l’avvio del traffico di linea, con collegamenti regolari verso Roma e Milano, e dalla Regione si aspetterebbero i finanziamenti necessari a sostenere le compagnie, sulla base di una «parità di condizioni» con le imprese baresi e salentine che possono contare su collegamenti migliori. In realtà tutti i tentativi fatti in questo senso negli scorsi anni sono falliti, a fronte dei numeri: i business plan, infatti, richiedevano contributi pubblici esorbitanti a fronte di un numero di passeggeri tutto sommato esiguo, che dunque non avrebbe giustificato l’investimento. La Regione non è tuttavia intenzionata ad abbandonare l’«Arlotta», ma proverà a perseguire ogni possibile soluzione: solo che l’impossibilità di utilizzare i fondi europei per gli incentivi alle compagnie aeree (vedi quanto accaduto con Ryanair per Bari e Brindisi) rende tutto molto più difficile.