Martedì 30 Settembre 2025 | 22:40

Treni d'oro e consulenze inutili in Ferrovie Sud-Est, stangata sull'ex n.1: Fiorillo risarcirà 100 milioni

 
massimiliano scagliarini e Giovanni Longo

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massimiliano scagliarini e Giovanni Longo

Treni d'oro e consulenze inutili in Ferrovie Sud-Est, stangata sull'ex n.1: Fiorillo risarcirà 100 milioni

La sentenza del Tribunale civile dopo il fallimento della società: "Un danno a tutti i pugliesi". Il 16 ottobre via al processo di appello per la bancarotta

Martedì 30 Settembre 2025, 20:34

20:56

Le Ferrovie del Sud Est erano virtualmente fallite già dal 2010, ma hanno continuato a operare e fino a quando non è intervenuta la Procura di Bari hanno comprato treni inutili ed elargito senza logica consulenze milionarie. È per questo che il Tribunale delle imprese ha condannato l’ex amministratore unico Luigi Fiorillo a risarcire la società con 97 milioni di euro oltre interessi legali e rivalutazione: quelli che - secondo una consulenza tecnica - sarebbero stati sperperati nel corso di un decennio.

Il procedimento civile era stato avviato nel 2017 da Fse, all’epoca in concordato preventivo, che chiedeva 229 milioni di danni. Tra i documenti depositati dalla società c’è anche il libro «Niente treni la domenica», che raccontò la vicenda e da cui nacquero poi diversi filoni dell’indagine penale: a marzo 2024 sono arrivate cinque condanne per bancarotta, compresa quella a dieci anni per Fiorillo.

La sentenza (Quarta sezione, presidente e relatore Giuseppe Rana) rinforza ulteriormente le tesi dell’accusa penale, perché pone in capo a Fiorillo tutte le decisioni smontando la sua principale tesi difensiva (ha chiamato in causa i vertici del ministero, i sindaci e la società di revisione, ritenendoli corresponsabili del danno): «Non è dimostrata in alcun modo - è scritto - la premessa per cui l’operato del Fiorillo sarebbe stato avallato dalle preventive decisioni del ministero delle Infrastrutture. Ciò comunque non escluderebbe la sua responsabilità quantomeno in concorso a maggior ragione per l’ampiezza dei poteri attribuiti a lui dallo statuto sociale».

A Fiorillo sono state contestate tre voci di danno. La prima è l’aver continuato a gestire la società nascondendone lo stato di decozione. Già nel 2010, secondo i consulenti tecnici del Tribunale, Fse aveva un patrimonio netto negativo di 14 milioni che sarebbe invece stato occultato. Come? Iscrivendo a credito 142 milioni vantati nei confronti della Regione e poi, una volta ottenuti 66 milioni per effetto di una transazione, capitalizzando gli 82 milioni di differenza: un numero da circo equestre su cui, per il vero, all’epoca nessuno ebbe da ridire. «Di tutto ciò il Fiorillo, quale manager di una grande azienda pubblica affiancato da collaboratori di alto livello, non poteva non essere consapevole anche con riguardo alle conseguenze», argomenta il Tribunale per arrivare alla conclusione: l’indebita prosecuzione dell’attività aziendale ha comportato un danno pari a 30 milioni, di cui 18,5 (cioè la parte formata dopo il 2010) addebitabili a Fiorillo.

C’è poi la parte più pittoresca della vicenda, quella relativa alle spese pazze di Fiorillo. I giudici civili hanno superato la sentenza penale ritenendo provato che nei confronti di Ferrovie Sud-Est sia esistito «quantomeno “un danno da concorrenza”», perché Fiorillo non ha mai fatto una selezione pubblica per scegliere i suoi consulenti: il Tribunale ha dunque quantificato il danno tra il 10 e il 20% della spesa, cioè nella percentuale che si sarebbe risparmiata con una gara d’appalto. Ma alcune di quelle spese (e di quelle consulenze) sono state ritenute del tutto inutili.

È ad esempio il caso dei 4,9 milioni che Fiorillo aveva intascato facendosi nominare (lui, amministratore della società) come «supporto al Rup». Ma ci sono anche i 2,6 milioni che l’ex amministratore ha speso per la inutile sede a Roma in cui lavorava un dirigente legato a doppio filo al Vaticano. Ancora, la consulenza affidata al romano Giorgio Garrone per monitorare gli investimenti della società tra il 2004 e il 2015: in questo modo secondo il Tribunale sono stati buttati via 4,2 milioni. Poi ci sono 3,9 milioni di euro spesi per il «sistema di acquisizione» dei ricambi: un incarico «non giustificato», scrive il Tribunale, visto che Fse aveva un ufficio interno dedicato.

C’è poi tutto il capitolo dei treni di seconda mano, su cui la sentenza ricalca le ricostruzioni del libro. I tre treni Stadler, pagati 5,6 milioni di euro e mai utilizzati «con i grotteschi e notori effetti evidenziati da parte attrice e noti alla comunità pugliese». Ingiustificata, secondo il Tribunale, anche la provvigione da 12 milioni pagata per l’acquisto dei treni polacchi Atr-220: «Tale compenso - argomenta la sentenza - ha di fatto remunerato l’attività di procacciamento dell’affare che l’espletamento di una corretta gara ad evidenza pubblica avrebbe reso superflua». Ancora, le 25 «carrozze d’oro» comprate di seconda mano in Germania, ristrutturate in Croazia e anche quelle mai utilizzate: l’acquisto costò alla fine 25 milioni, addebitati come danni a Fiorillo nonostante un parere di parte abbia provato a sostenere lo «straordinario successo» dell’acquisto (il processo penale in questo caso si è concluso con l’assoluzione). «L’intera operazione - scrivono però i giudici civili - appare viziata quanto meno da colpa grave sia nella scelta del primo venditore sia nella successiva scelta dell’intermediazione di Varsa. Prova ne sia, ove ve ne fosse bisogno, che il risultato pratico è stato che nessun ammodernamento del parco rotabile è stato effettuato in concreto alla fine della vicenda, come è incontestato».

Nel 2016 Ferrovie Sud-Est ottenne nei confronti di Fiorillo un primo sequestro conservativo da 178 milioni, e l’anno dopo un secondo sequestro da 5,9 milioni per le carrozze d’oro. Nel frattempo sono partiti i processi penali: oltre a Fiorillo sono stati condannati in primo grado l’avvocato romano Angelo Schiano (4 anni), l’imprenditore romano Ferdinando Bitonte (4 anni e 6 mesi e gli ex dirigenti Francesco Paolo Angiulli (quattro anni) e Nicola Di Cosola (due anni, per gli ultimi due pena sospesa), con sette assoluzioni. Sia la Procura che i condannati hanno impugnato: il processo di appello si aprirà il 18 ottobre, con l’accusa retta dal sostituto pg Francesco Bretone insieme al procuratore Roberto Rossi.

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