BARI - Non c’è solo una possibile incostituzionalità, ma soprattutto un problema di irragionevolezza. La norma approvata a scrutinio segreto che impone ai sindaci intenzionati a candidarsi di dimettersi sei mesi prima della scadenza della legislatura in Regione finisce osservata dal ministero dell’Interno. Che con una nota trasmessa ieri a Palazzo Chigi nell’ambito del controllo sulla legge di bilancio 2025 esprime «perplessità» sull’articolo 219 e dunque ne preannuncia l’impugnazione: tra le righe, insomma, l’Ufficio affari legislativi del Viminale suggerisce alla Puglia di rimettere le cose come stavano, visto che quell’articolo «introduce una limitazione del diritto di elettorato passivo» dei primi cittadini.
La norma «anti-sindaci», come è stata battezzata nelle polemiche di questi mesi, è figlia di una iniziativa bipartisan di quei consiglieri regionali in carica che - forse temendo di non essere rieletti - vogliono sbarrare la strada ai primi cittadini. Il problema, rileva il ministero dell’Interno, è che imporre ai sindaci in carica di dimettersi entro i quattro anni e mezzo dalla data delle precedenti elezioni regionali, dunque sei mesi prima (in realtà di più) delle successive elezioni, risulta «non in linea» con le norme generali del Mattarellum...
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