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Tangenti Protezione Civile, Lerario ora rischia sei anni: «Ho sbagliato, ero stressato»

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

Tangenti Protezione Civile, la Procura di Bari chiede 6 anni per Lerario

Le richieste di condanna della Procura per l’ex capo della protezione civile pugliese. Sentenza il 23 marzo

Giovedì 23 Febbraio 2023, 14:15

24 Febbraio 2023, 08:44

BARI -  «Ero solo in tutta la Regione a fronteggiare il covid. Ero stressato da un carico di lavoro enorme. Non mi sono reso conto della gravità di quello che ho fatto». L’ex capo della Protezione civile, Mario Lerario, ha affidato a un memoriale la sua difesa davanti al gup di Bari, Alfredo Ferraro, per rispondere dell’accusa di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio: due tangenti da 10 e 20mila euro prese da altrettanti imprenditori, a fronte delle quali la Procura ha chiesto, per il 50enne ex dirigente della Regione, la condanna a sei anni di carcere. La sentenza è prevista per il 23 marzo.

Lerario ieri era in aula insieme all’imprenditore Luca Leccese, che come lui ha scelto il rito abbreviato (la Procura ne ha chiesto la condanna a 4 anni), mentre l’altro imprenditore Mottola è a giudizio con il rito ordinario. L’ex dirigente di Acquaviva delle Fonti, arrestato in flagranza il 23 dicembre 2021 e tuttora ai domiciliari, è apparso estremamente provato, molto dimagrito, con i capelli totalmente bianchi. «Sono riuscito a gestire l’emergenza covid nonostante l’enorme lavoro di quei mesi. Ammetto di essere stato superficiale, ma alla base di quello che ho fatto non c’era nessun accordo corruttivo», è il succo della dichiarazione depositata in udienza da Lerario, che già in precedenza aveva ammesso le dazioni. Il suo avvocato, Michele Laforgia, ha sollevato una questione di nullità del procedimento (il «no» alla richiesta di integrazione documentale costituirebbe una violazione al diritto della difesa), e ha poi sostenuto che non ci sarebbe correlazione tra le tangenti e gli affidamenti contestati, chiedendo dunque la riqualificazione dell’accusa nella più lieve corruzione impropria.

«Dalle indagini emerge una storia totalmente opposta rispetto a quanto ha scritto Lerario – ha detto però il procuratore aggiunto Alessio Coccioli, intervenuto insieme al procuratore Roberto Rossi con cui sta conducendo le indagini sugli appalti della Protezione civile -. Lerario non sembrava affatto stressato, anzi era molto attento alle intercettazioni. E in ogni caso le sue giustificazioni non valgono ad escludere il comportamento illecito che è stato tenuto». L’accusa ritiene che a fronte delle due tangenti (quella da 20mila euro inserita da Mottola in un pacco di carne, quella da 10mila consegnata in auto da Leccese e che gli è costata l’arresto in flagranza), Lerario avrebbe truccato almeno cinque appalti per 2,8 milioni a favore di Leccese (difeso dall’avvocato Gianluca Ursitti) e altrettanti per 2,5 milioni a favore di Mottola, affidando loro lavori che non avrebbero potuto avere. La Regione, parte civile con l’avvocato Rita Biancofiore, vuole dai tre imprenditori un risarcimento complessivo da 7,5 milioni di euro in cui è incluso anche il danno di immagine: ieri ha chiesto una provvisionale da un milione. A Lerario la Procura di Bari contesta anche una ulteriore mazzetta da 35mila euro, per la quale due settimane fa sono finiti ai domiciliari l’ex funzionario regionale Antonio Mercurio e l’imprenditore Antonio Illuzzi.

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