BARI - Nessuna ricapitalizzazione, ma un salvataggio che passa attraverso un piano di ristrutturazione del debito e una internalizzazione delle attività all’interno del gruppo Fs. È andata come previsto: ieri l’assemblea dei soci di Ferrovie Sud-Est, convocata per le «decisioni conseguenti» a seguito dell’azzeramento del capitale sociale, è andata deserta a seguito della decisione della holding del gruppo di non iniettare nuova liquidità. Ma il servizio di trasporto, su ferro e su gomma, procederà regolarmente fino alla definizione dell’accordo con i creditori.
È la conseguenza della sentenza con cui il Consiglio di Stato il 5 agosto ha bocciato sia il trasferimento di Fse dal ministero delle Infrastrutture al gruppo Fs, sia i 70 milioni di contributo straordinario previsti nella Finanzaria 2016. Il risultato è che Fse ha dovuto rettificare il bilancio 2023, con un effetto a catena sui conti del gruppo: nella semestrale la holding ha infatti esposto un risultato di periodo negativo per 199 milioni, effetto soprattutto dell’accantonamento a fondo rischi di circa 160 milioni: cioè i 70 del contributo pubblico «cassato» e gli 83 del prestito ponte concesso per garantire l’ordinaria amministrazione nelle settimane convulse del salvataggio.
Nonostante questo passaggio però Fse non ha problemi di liquidità, e può continuare a gestire regolarmente il servizio. Entro fine mese gli avvocati nominati dalla holding (Andrea Zoppini e Alessandro Brudaglio) presenteranno al Tribunale di Bari una domanda di concordato fallimentare in bianco, che permette di ottenere la protezione dalle eventuali domande di liquidazione giudiziale. I 120 giorni dovrebbero servire per la predisposizione di una proposta di ristrutturazione del debito e, parallelamente, per valutare gli asset di Fse che sono (oltre al patrimonio) anche i contratti di servizio. Quello più importante riguarda il servizio ferroviario (scadenza 2032), mentre per la gomma e la gestione della rete la scadenza è al 2026. La Regione, che del servizio è concedente, aveva inserito nella proroga del contratto per il ferro una clausola risolutiva proprio per l’eventualità di un esito negativo del contenzioso sugli aiuti di Stato, ma ovviamente - in questo schema - non eserciterà il recesso.
Fermo restando che i creditori commerciali di Fse verranno tutti pagati al 100%, l’idea è dunque, nell’ambito della proposta di ristrutturazione del debito, di sanare il credito della capogruppo Fs attraverso l’internalizzazione dei tre rami di impresa. Le ferrovie appunto, che sono l’asset più importante, ma anche la gestione della rete (che in ogni caso andrà ad Rfi) e poi la gomma che invece rappresenta il business più interessante, quello su cui si concentrano tutte le attenzioni degli operatori del settore.
Il motivo è legato appunto alla scadenza del 2026. Fse continuerà la gestione diretta dei servizi fino all’ok del Tribunale alla proposta di ristrutturazione del debito (che avrà bisogno di molti mesi), poi sarà il gruppo Fs a decidere considerando che Busitalia (la società che gestisce la gomma) non ha una struttura organizzata in Puglia. Pure se dovesse decidere di subaffidare i bus a un altro soggetto (a sgomitare è il consorzio Cotrap, che è uno dei sottoscrittori del ricorso accolto dal Consiglio di Stato), si tratterebbe comunque di una soluzione ponte che durerà pochissimi mesi. Perché poi la Regione dovrà mettere tutto a gara.