Prof. Paolo De Castro, già europarlamentare Pd e presidente della commissione agricoltura del parlamento europeo, cosa emerge dalla nomina di Raffaele Fitto vicepresidente della Commissione Ue?
«È un passaggio fondamentale. Avviene perché Ursula von der Leyen ha mantenuto gli impegni presi e ha allargato le prerogative del nostro ministro, a cui faranno riferimento anche i responsabili dell’Agricoltura, ora allargata all’Alimentazione e tutta la filiera agroalimentare e alla Pesca, nonché i delegati ai trasporti e al turismo. Fitto inoltre è responsabile delle politiche di coesione, riforme, politiche regionali e Pnrr: nel complesso avrà gabinetti economici rilevantissimi. Per la Puglia agricoltura, turismo e pesca sono settori trainanti. Abbiamo una grande responsabilità e nel fare gli auguri a un ex collega e amico gli faccio un forte “in bocca al lupo”».
Quanto conta un vice presidente della Commissione?
«Per come è stata impostata dalla von der Leyen moltissimo, perché è esecutiva: i commissari che rispondono a Fitto avranno nel nostro ministro il riferimento nel collegio».
Come si declina questo ruolo?
«Nell’Agricoltura, in fase di formulazione legislativa, il vicepresidente parteciperà a tutte le fase cruciali negoziali, risolvendo le controversie. In passato questo ruolo è stato gestito ahimè dall’olandese Frans Timmermans a cui riferiva il precedente commissario polacco Janusz Wojciechowski. Ora Christophe Hansen, il nuovo con la delega all’Agricoltura, potrà garantire un miglioramento significativo in sinergia con la vicepresidenza. Fitto non ha il controllo sul Green Deal, ma potrà mettere in evidenza aspetti rilevanti come la competitività degli agricoltori nella transizione, passaggio da fare “con” loro e non “contro” la categoria».
Le migliori qualità di Fitto per affrontare questa sfida?
«L’esperienza di co-presidente del gruppo Ecr: conosce le dinamiche dell’istituzione europea. Poi il suo carattere. È un democristiano. Smussa gli angoli, cerca soluzioni, favorisce il dialogo. La Meloni lo ha “sfruttato” oltre le sue deleghe. Le sue qualità di negoziatore saranno usate anche da Ursula che avrà una risorsa di assoluto valore per evitare momenti di frizione, che nella precedente commissione sono stati frequenti. Come con Timmermans…».
Nella sua esperienza di parlamentare Ue, considera inevitabile che i parlamentari italiani lo sostengano al di là delle appartenenze?
«Assolutamente sì. Fitto, nonostante fosse all’opposizione sostenne con slancio Paolo Gentiloni commissario all’Economia. Non si capirebbe, come ha detto il presidente Sergio Mattarella, come sia possibile dividersi sul commissario italiano. In Ue, noi italiani, dobbiamo giocare tutti la stessa partita”.
«E’ un conservatore”, dicono socialisti, liberali e verdi…
«Un moderato di Fdi, di sicuro un europeista. Ha contribuito al grande passaggio storico di Ecr, facendo passare il gruppo da euroscettico a eurocritico, ben altra prospettiva rispetto ai Patrioti di Orban, gruppo escluso da qualsiasi ruolo europeo…».
Il vostro rapporto personale…
«Abbiamo viaggiato insieme per cinque anni, per venire a Bruxelles. Sulle questioni pugliesi ricordo che facemmo un documento sulla guerra alla Xylella, e lo consegnammo insieme a Emiliano, indicandogli la necessità di prendere seriamente in considerazione la decisione dell’Ue sulle eradicazioni, opzione a lungo sottovalutata. E ora la peste degli ulivi è alle porte di Bari…».
Fitto ministro del governo Meloni?
«Ha rinnovato la collaborazione istituzionale: ha raddoppiato i fondi per i progetti di filiera nell’agroalimentare, arrivando a più di un miliardo, con la novità degli investimenti sull’agrisolare».
Tornando all’Agricoltura e alla Pac...
«Entriamo in una fase di riforma pesante della politica agricola comune: sono in ballo 380 miliardi per Europa, di cui per l’Italia 52 circa in sette anni. Sono risorse da difendere dal rischio dei tagli, grazie ad un lavoro coordinato di Hansen e Fitto. Poi bisognerà coniugare la transizione ecologica - che nessuno nega - con gli aiuti agli agricoltori. Passando dalla logica dei target agli incentivi, avviandoci verso pratiche più sostenibili».
Tra Europa, Puglia e Mediterraneo…
«Ricordo anche il ruolo dell’Istituto agronomico mediterraneo di Bari, una eccellenza che deve molto all’impegno del compianto Mimmo Lacirignola. Con Romano Prodi avevamo immaginato la nascita di una università del Mediterraneo: l’idea valorizzerebbe il Chieam, anche nel quadro del Piano Mattei del governo Meloni. Con le politiche di coesione Fitto può fare molto, supportato dalle partnership dei paesi del Mare nostrum, interessati ad una agricoltura non solo competitiva con una offerta a basso costo. “Bisogna guardare più alla complementarietà tra paesi”, era la riflessione virtuosa di Lacirignola, oltre le logiche di mercato. Se ne parlerà nel G7 agricolo con la Fao a Ortigia, per favorire nuovi strumenti di cooperazione internazionale».