BARI - La difesa punta sul fatto che, avendo saldato il dovuto, per la violazione fiscale contestata all’ex avvocato Giancarlo Chiariello può essere applicata la nuova disciplina in materia di particolare tenuità del fatto. La Procura, invece, insiste e chiede un processo che potrebbe trasformarsi in una sfilata di clienti eccellenti di uno dei più importanti penalisti baresi, accusato di aver incassato milioni di euro in nero.
La prima udienza davanti al giudice del Tribunale di Bari, Valentina Tripaldi, si è conclusa con un rinvio al 15 febbraio, quando il processo partirà ascoltando il primo dei testi dell’accusa guidata dal pm Giuseppe Dentamaro. Ma nel frattempo verrà pubblicata in Gazzetta ufficiale la modifica legislativa che estende la particolare tenuità anche alle accuse mosse all’avvocato Chiariello, 72 anni: risponde di infedele dichiarazione dal 2016 al 2020, quando avrebbe nascosto al fisco ricavi per oltre 10 milioni di euro. Un filone aggiuntivo rispetto a quello, ben più grave, che lo ha già visto condannato a 9 anni e 8 mesi per corruzione in atti giudiziari.
Nei mesi scorsi Chiariello (difeso dal professor Vito Mormando e dall’avvocato Filiberto Palumbo) ha chiuso le sue pendenze con l’erario, pagando 1,5 milioni di euro a titolo di imposte evase e relative sanzioni. Da qui la richiesta dei difensori di considerare il delitto «coperto» dall’ipotesi di particolare tenuità, che ora si applica anche ai reati fiscali. Sul punto però non c’è accordo con la Procura, secondo cui la violazione contestata è superiore alla soglia di punibilità.
La difesa ha sempre affermato che la presunta evasione è molto più bassa rispetto alle cifre stimate dalla Procura. Ed è per questo che ha chiesto di sentire i clienti dell’avvocato Chiariello, depositando una lista testi di 30 pagine contenente consulenti tecnici, esperti e 120 nomi di persone che in questi anni sono state assistite. Ci sono, naturalmente, anche i cinque pentiti che hanno parlato di Chiariello durante le indagini a partire da Domenico Milella, l’ex uomo dei Palermiti che ha fatto crollare i clan baresi e nei suoi verbali ha raccontato di essere intervenuto presso alcuni «colleghi» che aveva indirizzato verso Chiariello e che non avevano pagato il professionista. Il giudice ha chiesto alla difesa di limitare il numero di testimoni, per non andare oltre 20.