«Non mi sembrava vero. finalmente potevo tornare a casa, da mia moglie e dalla mia bambina di 4 anni». Per Teo, 39 anni di Pietragalla, dall’annuncio del Premier Conte, nella notte di domenica 26 aprile, la vita è cambiata. Tornare in Basilicata, da Zuzzara, un comune in provincia di Mantova, non era più un sogno, ma realtà. E non lo era anche per Francesca (nome di fantasia), potentina rimasta bloccata in Sicilia e che ora rientra in Basilicata per lavoro.
Storie diverse che si sono incrociate ieri mattina, dopo due lunghissimi viaggi, sono partiti nella notte a bordo della loro auto, uno da Nord verso Sud e l’altro da Sud verso Nord, a Potenza nella stazione centrale del capoluogo, dove hanno atteso per diverse ore il tampone, dopo essersi regolarmente registrati al numero verde.
I loro volti sono provati, non vedono l’ora di tornare a casa, dopo il lungo viaggio, ma pazientemente aspettano che arrivino le Unità speciali Covid-19 (Usco) per effettuare il tampone. Preferiscono lasciarsi alle spalle l’esperienza degli ultimi due mesi. Poi lo sfogo, quasi liberatorio di Teo.
«Non torno a casa da due mesi. Non mi sembra vero di poter vedere la mia bambina, ma appena ho saputo che c’era l’obbligo di fare il tampone, ho preferito venire prima in stazione. Mi rammarica l’attesa, ma ci tengo alla salute della mia famiglia. In attesa dell’esito del tampone, mi fermerò in una stanza isolata».
È ben consapevole dei rischi, avendo vissuto in una realtà non paragonabile con quella della Basilicata, dove «il coronavirus c’è e circola ancora».
Teo che ha continuato a lavorare alle Poste, allo sportello di un ufficio di Suzzara, racconta le sue paure. «Lì, non è previsto il tampone per i dipendenti. Ho continuato a lavorare sempre, bloccato come tanti. Poi lo sblocco del nuovo Decreto e l’avvio della Fase 2».
Non ci ha pensato due volte Teo e il giorno dopo si è subito attivato per poter tornare in Basilicata.
«Ho preso un congedo straordinario di 30 giorni per il ricongiungimento con la mia famiglia, avendo la bambina soltanto 4 anni, e mi sono subito attivato per poter ripartire con la mia macchina dopo la mezzanotte di domenica, con lo sblocco del lockdown».
Accertata la possibilità di rientro, il secondo passaggio per Teo è stato quello di informarsi se le misure restrittive adottate dalla Regione Basilicata non fossero di ostacolo al suo rientro. «Ho chiamato il numero verde, mi sono registrato e mi sono messo in viaggio. La possibilità di fare il tampone mi ha spinto a un ulteriore sacrificio. Sarà importante sapere che posso riabbracciare in tutta tranquillità mia moglie e la mia bambina».
Francesca, intanto, seduta su una sedia, nella postazione della Protezione civile, tra i volontari in attesa dei nuovi treni e bus in arrivo, aspetta pazientemente. Preferisce non raccontarsi. Ma i suoi occhi, su un viso coperto dalla mascherina, raccontano tutto: paura, emozione, voglia di tornare a casa, con la tranquillità di un tampone, pronta comunque ad affrontare la quarantena, il lavoro, ma finalmente nella sua terra.
Una notte in viaggio, un giorno di attesa in stazione. Poi alle 17.30 il tampone. Per Teo e Franceca l’odissea si è conclusa.