La legge elettorale, per «sbloccare" il sistema istituzionale e mettere in grado l’Italia di andare a votare in qualsiasi momento. E un focus sui dossier economici a partire da Alitalia, per dare il segno di un partito che non lascia da soli i lavoratori. Intende ripartire da qui, Matteo Renzi, al suo ritorno da segretario al Nazareno. Dopo aver esorcizzato lo spettro di un flop ai gazebo, forte di una investitura che è ben inferiore a quella del 2013 ma - notano i suoi - non era scontata dopo la scissione, vuol dare subito il segno di una ripartenza «sprint». E archiviare i mesi di stand by dopo la sconfitta referendaria, quando - racconta nei minuti di attesa dei risultati - aveva accarezzato l’idea di lasciare.
Il quadro istituzionale, non si stanca di ripetere l’ex premier, è ora ripiombato in una «pantano», un salto indietro alla prima Repubblica. «La politica stagna in una palude di imbarazzanti ritardi, a cominciare dalla melina sulla legge elettorale», afferma Renzi, che quella melina proverà a sbloccare. La sua convinzione è che non si possano far scorrere i prossimi mesi nell’inattività. Piuttosto che rischiare di farsi logorare, facendosi tra l’altro carico della difficile manovra di ottobre, sarebbe forse meglio per il Pd - osservano i renziani, che la tentazione non l’hanno mai accantonata - andare alle urne in autunno. Magari, aggiungono, nelle stesse settimane della Germania, a fine settembre o inizio ottobre.
Ma occorre innanzitutto una legge elettorale. E fin dai prossimi giorni il leader Dem dovrebbe andare a vedere le carte dei Cinque stelle, che hanno lanciato al Pd l’amo di un accordo su un sistema che abbassi la soglia che il partito più votato deve raggiungere per avere il premio di maggioranza (e quindi il governo). Ma del M5s i Dem non si fidano e quindi il segretario potrebbe decidere di rilanciare piuttosto con una sua proposta a tutti i partiti, senza capilista bloccati e con un meccanismo di tipo maggioritario che assicuri la governabilità.
Di legge elettorale Renzi potrebbe parlare davanti all’assemblea nazionale del partito che, domenica 7 maggio, incoronerà il segretario. In quella sede svelerà anche le sue strategie per il Nazareno, dalla nuova segreteria che dovrebbe avere una gestione più collegiale (unica certezza: Maurizio Martina vicesegretario), alla scelta di contendere ai Cinque stelle il «terreno» del Web. A giorni dovrebbe essere operativa "Bob», la nuova piattaforma per la partecipazione degli iscritti. E sarà rafforzata la comunicazione sui social network.
Agli avversari interni il segretario rieletto chiederà innanzitutto «lealtà": non sparare ogni giorno su quella che l'ormai «ex» Bersani chiamava la Ditta, non attardarsi in litigi e contese ma stare sulle «cose concrete». Quanto al nodo delle alleanze, Renzi guarda con interesse a Giuliano Pisapia, mentre dice «no» agli ex alla Massimo D’Alema che «puntano a logorare il Pd». Ad ogni modo, tutto dipenderà proprio dal sistema di voto: i Dem vogliono il maggioritario ma se resterà il proporzionale le alleanze si faranno in Parlamento e allora non si può escludere nemmeno nuove larghe intese con Berlusconi.
Nelle prossime settimane, intanto, l’ex premier vuol fare sentire l’attenzione del Pd sui dossier economici, a partire da Alitalia (una proposta è attesa entro il 15 maggio). E poi c'è il lavoro in vista della manovra, sulla quale i Dem son pronti a un confronto serrato con i ministri ma soprattutto a dare man forte al governo nella battaglia in Ue per la flessibilità. Renzi, che ha chiuso la campagna congressuale a Bruxelles, ha ventilato il veto sui trattati se si inserirà il fiscal compact e anticipato l’idea di concordare un piano di 5 anni che dia margini all’Italia per abbassare le tasse alle famiglie, a partire da quelle con figli. Fin d’ora il Pd sta studiando un’operazione finanziaria per abbattere il debito.