di Michele Cozzi
Il voto referendario getta nella mischia nazionale ancor più Michele Emiliano, il governatore della Puglia. Il cui ruolo è cresciuto in questa fase elettorale ponendolo, oggettivamente, in corsa per la segreteria del Partito democratico.
Emiliano è stato cauto nella campagna elettorale. Aveva detto di giudicare «tecnicamente» invotabile la riforma, ma non si gettato a corpo morto nella contesa elettorale. Era dalla parte del No, ma lo ha fatto con sobrietà e moderazione, per evitare di lacerare ancor più un partito, il Pd, che sta attraversando il periodo più buio della sua storia. Con due eserciti armati, che in queste settimane si sono scambiati colpi senza tregua.
Emiliano ha partecipato a pochi eventi pubblici, ha fatto sentire soprattutto sui social la sua voce. Persino ieri pomeriggio, quando i primi dati sull’affluenza indicavano una lentezza del Mezzogiorno, ha invitato i meridionali ad andare alle urne. Perché andare al voto è un esercizio democratico, al di là della scelta del voto.
Si apre dunque una nuova partita nel Pd. Renzi ieri sera ha annunciato le dimissioni dal governo, ma resta alla guida del partito. Che ha conquistato con le primarie e con il voto congressuale. È improbabile che lasci quell’incarico, così come è probabile che il partito diventi la roccaforte, il bunker per rilanciare la sfida a chi lo ho sconfitto.
In campo per la segreteria ci sono già il presidente della Regione Toscana, Rossi. Forse il lucano Roberto Speranza. E anche il governatore pugliese. Che non a caso in questi mesi ha conciliato una battaglia di primo piano in difesa della Puglia e delle sue ragioni (per ultima la questione dei 50 milioni per Taranto saltati dalla finanziaria) con una costante presa di distanza anche su temi di livello nazionale (dal jobs act alla buona scuola).
Inoltre Emiliano tiene uniti, e potrebbe essere, l’anello di congiunzione di due mondi: quello tradizionale della sinistra e del Pd e l’universo grillino. Che Emiliano, in più occasioni, ha cercato di rendere partecipe della logica di collaborazione istituzionale. A dire il vero, con scarsi risultati. Ma Emiliano guarda in quella direzione. Una strada in salita, perché il M5S coltiva il mito della beata solitudine.