NAPOLI - Nel suo ufficio all’ottavo piano è giunto puntuale come ogni mattina. Ma non è stata una giornata come tutte le altre perché gran parte del tempo ha dovuto impiegarlo per rispondere alle attestazioni di solidarietà e, soprattutto, a respingere le richieste di tanti giornalisti che intendevano intervistarlo sull'attentato che la camorra stava progettando ai suoi danni. Un omicidio da realizzare, secondo le rivelazioni di un pentito, con oltre mezzo chilo di tritolo.
«Continuerò a fare il mio lavoro al servizio dello Stato, fin quando mi sarà richiesto», è l’unica battuta che il procuratore di Napoli Giovanni Colangelo concede ai cronisti. Neppure di fronte a una notizia così eclatante, che genera allarme e rilancia la questione della sicurezza da garantire a quanti sono impegnati in prima linea nella lotta alla criminalità, il magistrato smentisce la sua fama di uomo schivo, refrattario ai riflettori dei media. I suoi collaboratori più stretti spiegano che il procuratore, pur in presenza di una situazione di grande allarme, intende in ogni modo evitare di apparire un «protagonista». Si è limitato, parlando con i suoi, ad assicurare che questa brutta storia non lo spingerà a chiedere un trasferimento, ma che anzi rafforza in lui l'intenzione di restare a Napoli e chiudere qui la carriera di magistrato.
La notizia dell’esistenza di un piano per eliminare Colangelo (probabilmente anche un pm sarebbe stato nel mirino, secondo le indiscrezioni che filtrano ) rappresenta la prova - è l'opinione che viene attribuita al magistrato - che la procura sta lavorando bene, mettendo a segno importanti risultati, in particolare contro i clan della camorra, nel centro della città, come nell’hinterland e nell’area casertana.
Proprio oggi sono stati messi a segno due colpi di grande rilievo: l’arresto di sei funzionari di banca accusati di riciclare i soldi del clan Zagaria, e l’arresto del latitante Umberto Accurso, indiziato di essere il mandante dell’assalto alla caserma dei carabinieri di Secondigliano, che nei giorni scorsi fu fatta bersaglio di decine di raffiche di kalashnikov.
Tutti i magistrati dell’ufficio, procuratori aggiunti e sostituti, hanno firmato un documento di solidarietà a Colangelo. Un documento con il quale rilanciano l’allarme per la sicurezza dei pm impegnati nelle indagini più delicate. Una situazione ad alto rischio che vivono i magistrati. Basti pensare che la gran parte dei pm, compresa la metà dei sostituti della Direzione distrettuale antimafia, «non hanno alcuna tutela».
Uno scenario sintetizzato dal pm della Dda Henry John Woodcock intervenuto sulla questione durante un dibattito a Marsala sul fenomeno dilagante della corruzione: «Da una parte tutti i magistrati della procura di Napoli si devono stringere compatti attorno al procuratore della Repubblica formando uno scudo ideale e dall’altra chi ha la competenza per farlo deve affrontare in modo concreto il problema allarmante della sicurezza. E’ l’ora di superare ogni sterile polemica e ogni asfittica contrapposizione tra 'buoni' e 'cattivi' che altro non fa che indebolire lo Stato di fronte alle continue aggressioni della malavita».