«La vicenda di Luca non è solo privata: è un impegno collettivo, un dovere civile, una battaglia di verità e giustizia che riguarda tutti noi». Il comitato #VeritàeGiustiziaperLuca# si schiera al fianco di Olimpia Fuina che, da 37 anni, chiede giustizia per suo figlio Luca Orioli, il giovane trovato senza vita insieme alla sua fidanzata, Marirosa Andreotta, la sera del 23 marzo 1988, in una villetta a Policoro (Matera).
Il comitato - composto da cittadini uniti «per una Giustizia giusta» - si è riunito alla presenza dell’associazione Libera, dell’avvocato Antonio Fiumefreddo (legale della famiglia Orioli) e di una rappresentanza degli studenti e degli universitari della provincia di Matera, per ribadire la richiesta di fare chiarezza su quella che Olimpia definisce una vicenda «piena di depistaggi e falsità».
Nonostante per la giustizia italiana fu una folgorazione o un’intossicazione da monossido di carbonio a causare la tragica scomparsa dei due ragazzi, Fuina ha sempre rifiutato l’ipotesi di una morte accidentale sollecitando nuove indagini che, negli anni, hanno portato alla riesumazione dei cadaveri e a una perizia che ipotizzò anche l’omicidio, senza mai riscontrare fattori che andassero oltre le semplici ipotesi.
Il 3 agosto scorso la signora 84enne, tramite l’avvocato Fiumefreddo del foro di Catania, ha presentato un’istanza alla Procura generale di Potenza per chiedere l’avocazione delle indagini, dopo l’ennesimo rigetto dell’istanza di riapertura da parte della Procura di Matera. Come spiegato dal legale in una conferenza stampa convocata nei giorni successivi, la richiesta di avocazione si fonda «sulla necessità di porre fine a oltre tre decenni di silenzi istituzionali, perizie manipolate, testimonianze mai escusse, intercettazioni ignorate e incongruenze investigative mai risolte. Due decessi che si sono voluti far passare per suicidio o incidente, ma è chiaro, e non solo per noi, che si tratta di un duplice omicidio».
Nell’istanza sono elencati atti istruttori che, secondo i richiedenti, non sarebbero mai stati compiuti o approfonditi in modo adeguato: tra questi, l'acquisizione dei tabulati telefonici del 23 e 24 marzo 1988, l'escussione di 28 testimoni ritenuti chiave, la riesumazione dei corpi con moderne tecnologie medico-legali (body scan) e una perizia comparativa sui corredi fotografici originali e ufficiali, per verificare eventuali manomissioni della scena del crimine.
Una vicenda costellata da dubbi e interrogativi mai risolti, che torna oggi alla ribalta grazie alla tenacia della madre di Luca, la quale può contare sul supporto del comitato #VeritàeGiustiziaperLuca#. «Auspichiamo con forza la riapertura del caso presso la Procura Generale di Potenza, cosicché si dia finalmente un segnale chiaro e coraggioso, non solo sul piano giudiziario, ma anche su quello simbolico ed etico - è scritto in una nota diffusa dal gruppo - Non si tratta soltanto di riaprire un fascicolo: è necessario restituire credibilità alle Istituzioni, ravvivare la fiducia dei cittadini nella giustizia e mostrare che lo Stato sia capace di rispondere con trasparenza e responsabilità»