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G20, e la capitale dei Sassi restò chiusa ai turisti

 
Massimo Brancati

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Massimo Brancati

G20, e la capitale dei Sassi restò chiusa ai turisti

Il centro storico blindato per ore, molti delegati hanno fatto incetta di souvenir di Matera e hanno gradito i prodotti lucani

Mercoledì 30 Giugno 2021, 16:37

MATERA - Matera caput mundi infuocata. Vetrina internazionale tra le vetrine incandescenti quanto inaccessibili dei negozi chiusi. Ragioni di sicurezza. Centro storico deserto, colorato dalle bandiere di tutto il mondo, svuotato di turisti che per un giorno hanno potuto scoprire altri angoli della città. Magari con uno sguardo rivolto sempre al cuore dell’evento, al centro storico nella speranza di intercettare qualche viso conosciuto. Anche se il grado di popolarità dei ministri degli Esteri e dello Sviluppo non è esattamente lo stesso dei premier dei singoli Paesi. Associare un volto al rappresentante del governo indiano dal nome impronunciabile, Subrahmanyam Jaishankar, o al ministro tedesco Heiko Maas e al suo omologo inglese Dominic Raab - tra l’altro autori di una simpatica scommessa sulla partita tra Germania e Inghilterra con in palio una cassa di birra - ha lo stesso grado di difficoltà per un concorrente dei «Soliti ignoti».

E mentre i turisti si arrovellavano tra sole cocente e ricerca sul web dell’immagine di questo o quel ministro da immortalare con lo smartphone, il Sahara materano (ieri punte di 37 gradi) continuava ad essere attraversato dagli uomini della sicurezza (oltre mille dislocati in tutta l’area), circondato da posti di blocco, divieti e deviazioni. I Sassi completamente a disposizione degli ospiti, dei ministri e dei rispettivi «entourage», pronti a calarsi nella storia millenaria di un patrimonio unico, straordinario, affascinante. Capace di trasformare i potenti della Terra in comuni turisti con macchine fotografiche al seguito, prede del selfie da viaggio. Ad accompagnarli le guide turistiche che sono riuscite a districarsi al meglio nella babele di lingue. Avrebbero fatto comodo al ministro della Repubblica Democratica del Congo, Christophe Lutundula, presidente di turno dell'Unione africana, averle vicine durante il suo discorso al forum sulla necessità di incrementare i vaccini in Africa. Il ministro si era lamentato della mancanza di un interprete d’Oltralpe per tradurre il suo discorso.

Dicevamo di una città svuotata e dei negozi chiusi. Per diversi commercianti è stata una scelta nella previsione che un generalizzato «off-limits» avrebbe allontanato la potenziale utenza. Così è stato anche per il tabacchino e la farmacia rimasti aperti nel raggio d’azione del G20. Pochi clienti, tanta calura anche per il bar di piazza del Sedile, il cui titolare, pur sapendo della giornata da trascorrere con le mani in mano, ha deciso di alzare la saracinesca. Nella speranza che prima o poi qualcuno della «carovana» internazionale si staccasse dal protocollo per gustare una bibita fresca o un gelato. Niente da fare. È andata meglio a un commerciante di souvenir in cui si è fiondato un non meglio precisato delegato di colore che prima di incamminarsi sulla passerella che portava al forum ha voluto acquistare oggetti in ricordo di questo viaggio materano. Già, la passerella: un tappeto blu come il cielo sui Sassi, come il Mediterraneo in cui l’Italia ha recuperato il suo ruolo strategico, come l’abito dei ministri che hanno sfidato il caldo e resistito alla tentazione di slacciarsi almeno la cravatta. Quel tappeto blu dove il ministro Di Maio ha atteso l’arrivo dei delegati rinforzando la sua abbronzatura mentre un gattino anticipava il ministro di turno. Era maculato, non nero. Nessuna concessione, dunque, alla superstizione per il Gigino nazional-partenopeo, attento, sorridente e cordiale come lo sposo in attesa degli invitati. La metafora del matrimonio calza a pennello: dopo le ciliege e i biscotti a bordo del treno speciale delle Fal, proveniente da Bari, i delegati hanno potuto gustare altre prelibatezze del posto, alternando le sessioni di lavoro a scampoli di tempo libero da dedicare alle escursioni e al... palato con gli immancabili peperoni cruschi, marchio di fabbrica della cucina «made in Basilicata». Caratterizzanti il territorio quanto il tufo delle case nel centro storico della già capitale europea della cultura. 

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